Manovre e maschere: Il fallito incontro di Soru e Todde

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  In una girandola politica degna di una commedia dell'arte, il previsto incontro faccia a faccia tra Renato Soru e Alessandra Todde, due figure di spicco del centrosinistra sardo, si è trasformato in un esercizio di acrobazie verbali e tatticismi degno di miglior causa. Da un lato, abbiamo Soru, patron di Tiscali, che, cambiando la location dell'incontro all'ultimo minuto, ha trasformato un appuntamento "riservato e urgente" nella propria dimora in un evento pubblico in un hotel, con tanto di stampa e streaming live. 

  Una mossa che, se interpretata in chiave cinica, potrebbe essere vista come un tentativo di giocare d'anticipo e controllare la narrazione pubblica. Dall'altra parte del ring, Todde, candidata alla presidenza della Regione per il campo largo, che ha risposto con un misto di disappunto e disaccordo, sottolineando la sua proposta originale di un incontro privato come gesto di apertura e dialogo.

  L'obiettivo dichiarato era quello di unire le forze per "sconfiggere le destre e rilanciare la Sardegna", un nobile intento che, tuttavia, sembra perdersi tra le pieghe di una politica più interessata alla forma che alla sostanza. In questo scenario, l'annullamento dell'incontro non è altro che l'ultimo episodio di una lunga serie di manovre politiche che lasciano il popolo sardo a guardare, forse con un misto di amarezza e rassegnazione, come i loro rappresentanti preferiscano l'arena mediatica alla costruzione di un dialogo costruttivo e concreto. La situazione si configura come una metafora del momento politico attuale, dove le parole sembrano avere più peso delle azioni, e gli incontri diventano occasioni per esibizioni di forza piuttosto che per la ricerca di soluzioni comuni. 

  In tutto ciò, i veri perdenti sembrano essere i cittadini sardi, testimoni di un teatro politico che sembra più preoccupato di mettere in scena una narrazione convincente piuttosto che affrontare con serietà le sfide reali che la regione sta affrontando. La politica, come sempre, si dimostra un gioco di potere dove, alla fine, a pagare il prezzo più alto sono sempre i cittadini comuni.