La revoca c’è, ma il blocco resta. È questo il nodo politico e operativo che Confagricoltura Sardegna mette sul tavolo commentando la determinazione regionale n. 1495 del 3 dicembre 2025, con cui la Regione ha disposto la revoca della ZUR, la Zona di ulteriore restrizione legata alla dermatite nodulare contagiosa. Un atto formale, spiegano dall’organizzazione agricola, che però non modifica la condizione reale delle aziende zootecniche sarde.
La Sardegna, infatti, continua a essere classificata come zona di vaccinazione II. Una definizione che, al di là delle formule amministrative, significa una cosa semplice e concreta: isolamento sanitario e commerciale, con la conseguente paralisi della movimentazione dei bovini. È su questo scarto tra decisioni sulla carta e vita quotidiana delle imprese che si innesta la critica di Confagricoltura.
“Come Confagricoltura Sardegna non possiamo definire soddisfacente la revoca formale delle restrizioni alla movimentazione dei bovini, decisa dalla Regione nei giorni scorsi come adeguamento all’evolversi della dermatite nodulare contagiosa, poiché tale passo non modifica in alcun modo la condizione reale in cui operano le aziende zootecniche della nostra Isola”, dichiarano il presidente Stefano Taras e il direttore Giambattista Monne. La revoca della ZUR, aggiungono, “non produce effetti sostanziali, visto che l’intero territorio regionale continua a essere classificato come zona di vaccinazione II, mantenendo di fatto la Sardegna in uno stato di isolamento sanitario e commerciale”.
Il punto, nella lettura dell’organizzazione agricola, non è soltanto sanitario. È amministrativo e politico. “Una gestione amministrativa dell’emergenza che rischia di scaricare sulle imprese il peso delle scelte adottate, senza offrire al momento soluzioni alternative praticabili e tempi certi per il ritorno alla normalità”, spiegano Taras e Monne, richiamando una responsabilità che, a loro giudizio, non può restare sospesa.
C’è poi una frattura interna al comparto che Confagricoltura giudica inaccettabile: quella tra aziende che hanno rispettato le regole e aziende che si sottraggono agli obblighi sanitari. “È inammissibile – hanno precisato Taras e Monne – che un numero limitato di aziende, dove si rifiuta la profilassi vaccinale, continui a condizionare negativamente l’intero comparto, così come è intollerabile che la Regione non assuma decisioni chiare e responsabilizzanti, in modo tale da non lasciare il settore in una paralisi prolungata”.
Il rischio, sottolineano, è che la Sardegna resti ostaggio di una doppia inerzia: comportamenti irresponsabili da un lato, rinvio delle scelte dall’altro. “La Sardegna non può rimanere ostaggio di comportamenti irresponsabili né di un approccio che rinvia continuamente le scelte, mentre i danni economici si accumulano giorno dopo giorno su migliaia di allevatori che con correttezza hanno rispettato le regole per superare nel minor tempo possibile l’emergenza”.
Da qui una richiesta esplicita di cambio di passo. Confagricoltura Sardegna sollecita “un’immediata assunzione di responsabilità da parte della Regione, con l’adozione di misure coercitive nei confronti di chi rifiuta la vaccinazione”, insieme a “una tutela concreta delle aziende virtuose, attraverso corsie preferenziali alla movimentazione e misure compensative adeguate”. Al centro anche la necessità di “tempi certi e verificabili per l’uscita della Sardegna dalla zona di vaccinazione II” e di “un confronto immediato e non dilatorio con il Ministero della Salute e con le istituzioni dell’UE”.
Nel dettaglio, l’organizzazione agricola indica una strada precisa sul piano tecnico e normativo. “Riteniamo – hanno precisato il presidente e il direttore di Confagricoltura Sardegna – sia urgente negoziare una deroga per i territori in cui non c'è stata circolazione del virus alla condizione che, in un raggio di 50 km intorno allo stabilimento di origine dei capi da movimentare, tutti i bovini siano stati vaccinati”.
La conclusione è affidata a parole che non lasciano spazio a interpretazioni accomodanti. “Per il rispetto che dobbiamo ai nostri associati, non siamo più disposti ad accettare che la zootecnia regionale venga sacrificata in nome di un’emergenza gestita senza coraggio politico e senza una chiara assunzione di responsabilità. Se a breve non giungeranno interventi rapidi e scelte concrete e risolutive, ci riserveremo di attivare tutte le iniziative sindacali e istituzionali necessarie a tutela delle imprese agricole sarde”.
La revoca, dunque, è agli atti. La normalità, per ora, resta fuori dalla porta delle stalle.