Blackout in Sardegna: i sindacati puntano il dito contro le aziende elettriche

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Non è colpa del caldo. Non è colpa dei condizionatori. I blackout che hanno lasciato interi paesi al buio in questi giorni — dal centro Sardegna all’Ogliastra — non nascono sotto i cavoli, come scrivono FILCTEM, FLAEI e UILTEC in una lettera aperta.

I sindacati, che rappresentano i lavoratori elettrici di CGIL, CISL e UIL, non usano giri di parole: «Chi dovrebbe garantire ai cittadini e alle imprese di avere sempre e comunque la quantità di energia elettrica necessaria, oggi dà la colpa al caldo eccessivo e inaspettato».

Le cause, secondo loro, stanno altrove. Impianti vecchi, pochi investimenti, personale ridotto all’osso, lavori appaltati e spesso fuori controllo. E mentre in bolletta gli utenti pagano anche per questi investimenti, chi gestisce il servizio — in gran parte Enel, con e-distribuzione che copre oltre l’85% del territorio nazionale — continua a risparmiare.

«Le aziende che hanno la concessione dallo Stato per distribuire energia dovrebbero costruire impianti sufficienti per tutti i bisogni, familiari o industriali», spiegano i sindacati. Invece, si preferisce mettere mano al portafogli solo per far felici gli azionisti.

I blackout di questi giorni non sono un fulmine a ciel sereno. Sono la conseguenza di politiche industriali sbagliate, denunciate da tempo con scioperi e proteste. «Da oltre un anno e mezzo — ricordano i sindacati — siamo in agitazione in e-distribuzione proprio su questi temi».

Ora l’appello è diretto a chi governa: Governo, Regioni, sindaci, forze politiche. Bisogna riprendere in mano il controllo sui concessionari dei servizi pubblici. Perché, come scrivono nella lettera, «i blackout non nascono sotto i cavoli, ma sono responsabilità di chi non ha fatto quanto doveva per evitarli».

Un invito chiaro: questa volta, che non cali il buio anche sulle responsabilità.