Monte Nuovo: Il Valzer dei poteri occulti tra mafia e istituzioni. (Gelato al Cioccolato dolce e un pò salato)

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Così parlò la Procura di Cagliari, e stavolta la montagna non ha partorito il topolino, ma un’operazione verità che scuote le fondamenta del potere sardo. L’inchiesta “Monte Nuovo” – nome che già evoca scenari da fine dei tempi – ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per 34 imputati, 30 dei quali ora devono fare i conti con la giustizia. Ma il meglio – o il peggio – potrebbe ancora venire.

Mentre la magistratura ha ribadito le accuse davanti al Gup Luca Melis, si è assistito al consueto copione: tre imputati hanno chiesto il patteggiamento nel filone droga, sperando in uno sconto di pena. Un altro ha scelto il rito abbreviato, il più classico degli escamotage per evitare il dibattimento e ottenere la riduzione di un terzo della pena. Il pubblico ministero Emanuele Secci non ha fatto concessioni: ha confermato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti, nove dei quali accusati del reato più grave, l’associazione di stampo mafioso.

La lista degli imputati è un vero e proprio campionario dell’Isola che conta e di quella che delinque. In prima fila c’è Gabriella Murgia, ex assessora regionale all’Agricoltura della giunta Solinas, finita in carcere nel settembre 2023. Accanto a lei, Gavino Mariotti, rettore dell’Università di Sassari, che si proclama innocente e rifiuta ogni ipotesi di dimissioni. C’è poi Tomaso Cocco, primario della Terapia del dolore e affiliato alla loggia massonica del Grande Oriente d’Italia, indicato dagli inquirenti come anello di congiunzione tra istituzioni e criminalità. Riceveva anche durante il lockdown, nel suo ufficio all’ospedale Binaghi.

Sul fronte opposto, i nomi storici della criminalità sarda. Nicolò Cossu, detto “Cioccolato”, 66 anni vissuti pericolosamente tra sequestri e traffici di droga. Con lui Tonino Crissantu, parente di Graziano Mesina, e Giovanni Mercurio: tutti accusati di far parte dell’associazione mafiosa.

Nell’elenco degli imputati figurano inoltre: Alessandro Arca, Giorgio Carboni, Maurizio Vito Cossu, Andrea Daga, Alessia, Vincenzo e Alice Deidda, Antonio Fadda, Mario Antonio Floris, Giuseppe Paolo Frongia, Anna, Salvatore e Raffaele Gioi, Marco Lai, Tomas Littarru, Antonio Marteddu, Riccardo Mercuriu, Serafino Monni, Desiderio Mulas, Marco Muntoni, Antonio Michele Pinna, Alessandro Rocca, Paolo Sale, Marco Zanardi e Massimo Temussi.

Secondo la Dda, gli imputati avrebbero dato vita a un’organizzazione capace di usare “la forza di intimidazione e la condizione di assoggettamento” per compiere una lunga serie di reati: peculato, abuso d’ufficio, corruzione aggravata dal metodo mafioso. E ancora: traffico di stupefacenti e supporto alla latitanza di Graziano Mesina.

Il meccanismo era oliato: nomine nella sanità, facilitazioni bancarie, assunzioni pubbliche, agevolazioni sanitarie. Un “mondo di mezzo” in versione sarda, dove colletti bianchi e banditi si stringevano la mano nell’interesse comune.

La prossima udienza è fissata per il primo dicembre 2025. Sarà in quell’aula che il Gup deciderà se accogliere o meno le richieste di rinvio a giudizio. Intanto, l’ex Ats (oggi Asl) si è costituita parte civile contro alcuni imputati.

L’indagine, esplosa nel settembre 2023 con 31 arresti, ha già segnato uno spartiacque nella storia recente della politica e delle istituzioni isolane. Il processo che seguirà potrebbe scoperchiare una realtà rimasta troppo a lungo sepolta sotto il tappeto: un sistema dove la legalità era diventata una formalità, e la complicità un mestiere ben retribuito.

La Sardegna osserva. La giustizia attende. E la verità, a quanto pare, ha appena cominciato a farsi sentire.