La Sardegna è un'isola. Ma in certe sue terre – Nurra, per esempio – l'acqua non arriva. Non da oggi. E non per caso. Gli agricoltori lo sanno bene, e quest’anno hanno trovato, per l’ennesima volta, i loro campi riarsi prima ancora che l’estate inizi. Il mais, i meloni, le angurie, i pomodori, l’erba medica, e perfino il carciofo – il fiore commestibile della nostra terra – sono rimasti a secco. Con loro, il futuro di centinaia di aziende e famiglie.
A Campanedda, lo scorso 3 giugno, non si è tenuto un convegno: si è consumata una protesta civile. Una sala gremita di volti scavati dal sole e dalla fatica, non per ascoltare retorica, ma per proporre una soluzione. È stato il Centro Studi Agricoli, guidato da Tore Piana e Stefano Ruggiu, a portare sul tavolo della politica regionale una proposta di legge da consegnare ai consiglieri della XVII Legislatura. E non è carta vuota: è il frutto di una raccolta puntuale di dati, di sopralluoghi, di contabilità drammatiche.
La proposta, già inoltrata alla Presidente della Regione Alessandra Todde e all’assessore all’Agricoltura, prevede l’assegnazione di 5 milioni di euro a fondo perduto per gli agricoltori della Nurra danneggiati dalla mancata distribuzione dell'acqua da parte del Consorzio di Bonifica. Una responsabilità che non è certo degli agricoltori, i quali – sottolineano i promotori – “avevano presentato richiesta d’irrigazione entro il 15 febbraio 2025, nei tempi e nei modi previsti”.
I numeri sono spietati: 850 ettari di mais, 800 di erba medica, 100 di sorgo e altrettanti di carciofi, 50 di ortaggi in pieno campo e 40 di angurie e meloni. Una perdita stimata di quasi 5 milioni di euro. Con le procedure ordinarie del D.lgs. 102/2004, gli indennizzi arriverebbero tra mesi, forse anni. “Non possiamo più aspettare”, ha dichiarato Tore Piana. La legge proposta evita le lungaggini della burocrazia, non invoca il “de minimis” – considerato da molti agricoltori un insulto mascherato da norma – e si appella invece all’urgenza. Perché l’emergenza, qui, è reale.
Ma non è tutto. Il Centro Studi ha anche presentato il “Piano Nurra”, una visione strategica per adattare l’agricoltura ai cambiamenti climatici: agricoltura di precisione, risparmio idrico, nuove varietà resistenti, formazione agronomica attraverso LAORE, sistemi di allerta meteo in collaborazione con ARPAS. E una proposta chiara: dal 2026, il bacino del Cuga sia riservato esclusivamente all’uso agricolo.
Sullo sfondo, il rischio beffa. Perché senza certificazioni di impossibilità a irrigare rilasciate dal Consorzio, gli agricoltori rischiano persino di perdere gli aiuti PAC 2025. È stato perciò ribadito l’invito a farsi rilasciare quei documenti, pena la beffa oltre al danno.
“La Sardegna agricola non vuole piangere – hanno detto Piana e Ruggiu – ma essere ascoltata. Con risposte concrete.” La palla, ora, passa alla Regione. Con un avvertimento non detto, ma chiaro: se le istituzioni non reagiranno, i solchi nei campi non saranno più arati. Saranno cicatrici permanenti. E non si potrà dire che non si sapeva.