Uccise il padre a bastonate: il racconto della compagna, “un urlo poi il rantolo”

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  “Ero al telefono con lui quando ho sentito un urlo straziante e poi un rantolo.” Così Anna Maria Cudoni ha ricostruito in aula, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Sassari, gli ultimi istanti di vita di Giovanni Fresi, l’orafo 58enne di Arzachena ucciso a bastonate dal figlio Michele, 28 anni, la notte del 27 dicembre 2023. Un delitto spietato, consumato dopo una serata di violenza e delirio, che ha visto il giovane agire in stato di forte alterazione per aver assunto, come dichiarato, una grande quantità di LSD. La testimonianza di Anna Maria, compagna di Giovanni da dieci anni e parte civile nel processo con l’avvocato Massimo Schirò, è stata un racconto lucido e terribile. La donna ha ricostruito non solo i momenti del delitto, ma l’intera parabola di una relazione che si è intrecciata per anni con la presenza ingombrante di Michele Fresi. Un figlio difficile, segnato da “mille traversie giudiziarie” – come ha ricordato il legale – e che il padre non aveva mai smesso di seguire, di crescere e di proteggere, fino al tragico epilogo. Quella notte, una telefonata aveva interrotto la quiete di casa. Michele stava dando in escandescenze fuori da un locale di Arzachena. Fuori controllo, sotto effetto di droghe, aveva già aggredito due carabinieri intervenuti per fermarlo, lasciando uno di loro con lesioni permanenti. Giovanni Fresi, chiamato per placare il figlio, lo aveva raggiunto e accompagnato verso casa, probabilmente nel disperato tentativo di riportarlo alla ragione.

  È a questo punto che si consuma l’assurdo: il padre prende il telefono, chiama Anna Maria e poi, di colpo, il silenzio. “Sentii quell’urlo, un rumore atroce, poi il rantolo e basta,” ha raccontato in aula la donna, ripercorrendo con coraggio un trauma che resterà indelebile. Il colpo, un’unica bastonata alla testa, sarebbe bastato a spegnere la vita dell’orafo, lasciando spazio soltanto alla violenza irrazionale e insensata di un figlio contro il proprio padre. Anna Maria Cudoni oggi chiede giustizia non per sé, come ha precisato il suo legale: “Non lo fa per denaro. È consapevole che gli unici beni di Michele Fresi sono parte dell’eredità paterna e che con la condanna li perderà. Ma vuole che sia tutelata la memoria di Giovanni.” Un uomo che aveva dato tutto per quel figlio, anche quando forse non avrebbe dovuto, e che ha trovato proprio in lui il suo carnefice. Nessun altro familiare ha scelto di costituirsi parte civile. La sorella della vittima, Amalia, è presente al processo soltanto come persona offesa. Intanto, il procedimento va avanti: il 21 gennaio 2025 verranno ascoltati altri testimoni, inclusi alcuni presenti alla serata che ha preceduto l’omicidio, e Sofia Maria Vasiliu, allora fidanzata di Michele Fresi, anche lei parte civile. Fu picchiata e colpita al volto dallo stesso imputato, a dimostrazione di un’escalation di violenza che quella notte non avrebbe risparmiato nessuno.