A Santa Maria La Palma, non lontano da Alghero, il 17 dicembre si incontreranno alcuni fra i maggiori esperti nazionali della Politica Agricola Comune (PAC), come il professor Angelo Frascarelli, già presidente ISMEA, l’onorevole Marco Falcone della Commissione Economia del Parlamento Europeo, il direttore nazionale AIC Luciano Guglielmetti, l’avvocato Gianfranco Meazza e il presidente del Centro Studi Agricoli, Tore Piana. Tutti insieme nella sala convegni della Cantina Sociale per parlare del futuro della PAC, quella che dal 1° gennaio 2028 vedrà l’abolizione dei titoli di aiuto e l’introduzione di nuovi meccanismi di sostegno per ettaro di superficie.
Un bel rompicapo, vista la situazione attuale.
Sulla carta, l’intento sarebbe semplificare. Nei fatti, le aziende sarde sono già strangolate da regolamenti, controlli, vincoli e, da ultimo, la “carta dei suoli”. Quattordicimila realtà agricole dell’Isola ricevono importi ridicoli o, peggio, si vedono negare l’acconto mentre i ministeri nazionali e gli organismi di controllo varano mini riforme europee che allentano i vincoli ambientali senza però sgombrare il campo dalla matassa burocratica.
Tore Piana, anima del Centro Studi Agricoli, è chiaro: “Serve un nuovo modello di PAC. Altrimenti i giovani – e pure i meno giovani – diranno addio alla campagna nei prossimi dieci anni”.
Il quadro è fosco: anziché incentivare produzione, qualità, export e nuovi sbocchi di mercato, le politiche nazionali e regionali sembrano prediligere timbri, moduli e treccine amministrative. E così, l’agricoltura sarda, che già paga caro il conto di spopolamento e isolamento, si ritrova a combattere con una PAC diventata un labirinto di carte bollate.
Il convegno si preannuncia d’alto livello, aperto a tutti, con ospiti che, si spera, non si limiteranno al politichese di circostanza. Perché se al centro non torna finalmente l’azienda agricola, questa riforma rischia di essere l’ennesima occasione persa in un settore che non può permettersi di incagliare in se stesso. Ora, a Santa Maria La Palma, potrebbe accadere qualcosa di diverso: magari qualcuno alzerà davvero lo sguardo dai documenti e si ricorderà che la terra, prima di tutto, va coltivata, non soltanto timbrata.