L'editoriale di Trubia

Nuoro, una tragedia familiare: Ricostruzione di un massacro e il mistero del movente

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  Nuoro si è svegliata sotto un temporale, ma nessuno avrebbe potuto prevedere la tempesta ben più oscura che avrebbe colpito la città. Tra via Ichnusa e via Gonario Pinna, un dramma di proporzioni inimmaginabili si è consumato nelle prime ore del mattino. Roberto Gleboni, 52 anni, operaio di Forestas, ha seminato morte tra i suoi cari prima di togliersi la vita, lasciando una comunità intera sconvolta e in cerca di risposte. Alle sette del mattino, mentre la pioggia batteva insistente sulle strade deserte, Gleboni avrebbe impugnato una pistola semiautomatica calibro 7.65, forse al culmine di un litigio di cui non conosceremo mai i toni né le parole. 

  Nella casa di via Ichnusa, ha rivolto l'arma verso la moglie, Maria Giuseppina Massetti, 43 anni. Un colpo alla testa, mortale e definitivo. Senza esitazione, si è diretto verso le camere dei figli. Martina, la primogenita di 25 anni, è stata colpita mentre ancora giaceva nel letto; anche per lei, la morte è stata istantanea. I due figli più piccoli, di 14 e 10 anni, non sono stati risparmiati dalla furia omicida del padre. Colpiti entrambi alla testa, lottano tra la vita e la morte, aggrappati a un filo sottile di speranza. Mentre lasciava la scena del primo massacro, Gleboni si è imbattuto in Paolo Sanna, 69 anni, vicino di casa. Forse attirato dai rumori o intento a ripristinare la corrente saltata per il temporale, Sanna è diventato un'ulteriore vittima di una violenza senza senso. 

  Anche per lui, un colpo alla testa che non lascia scampo. Non soddisfatto del sangue già versato, Gleboni si è diretto in via Gonario Pinna a bordo di una Fiat Punto grigia. Lì viveva sua madre, Maria Esterina Riccardi. Entrato in casa, l'ha trovata in cucina. Ancora una volta, l'arma ha parlato per lui: un colpo alla testa ha ferito gravemente la donna, ora ricoverata in condizioni critiche ma stabili. Infine, come ultimo atto di un tragico copione, ha rivolto la pistola verso se stesso, ponendo fine alla sua vita con un colpo alla tempia. Le sirene delle ambulanze e delle forze dell'ordine hanno squarciato il silenzio piovoso di Nuoro. 

  Sul luogo dei crimini sono accorsi gli agenti della Questura, i carabinieri del Comando provinciale, i magistrati Riccardo Belfiori e Sandra Maria Piccicuto, e il medico legale Roberto Demontis. Le scene che si sono presentate ai loro occhi erano quelle di un incubo divenuto realtà. Il bilancio è drammatico: tre morti sul colpo—Roberto Gleboni, la moglie Giuseppina e la figlia Martina—due persone in fin di vita, il figlio Francesco di 10 anni e il vicino Paolo Sanna, per i quali sono state avviate le procedure di constatazione della morte cerebrale, e altri due feriti gravi ma fuori pericolo, la madre di Gleboni e il figlio di 14 anni. Resta ora da capire cosa abbia spinto un uomo, descritto da molti come tranquillo e dedito al lavoro, a compiere un gesto tanto estremo. Nessun biglietto, nessuna confessione, solo il silenzio assordante lasciato dai colpi di pistola. Le indagini si concentrano sulla vita privata di Gleboni, alla ricerca di tensioni familiari, problemi economici o psicologici che possano aver fatto da detonatore. 

  I vicini parlano di una famiglia normale, senza apparenti dissapori. Gli inquirenti non escludono alcuna pista, ma il quadro resta nebuloso. Possibile che un raptus abbia cancellato in pochi minuti legami di sangue e affetti costruiti in una vita intera? O c'era un'ombra più profonda che si celava dietro le mura domestiche? Nuoro è una città sotto shock. Le scuole hanno osservato un minuto di silenzio, le attività commerciali hanno abbassato le saracinesche in segno di lutto. Il sindaco ha espresso il cordoglio dell'amministrazione comunale, promettendo sostegno alle famiglie colpite da questa tragedia incommensurabile. Ma al di là delle dichiarazioni ufficiali, resta un senso di smarrimento collettivo. Come si può elaborare un dolore così grande? Come si può spiegare l'inspiegabile? Forse non esistono risposte, solo la consapevolezza che il male può annidarsi anche nei luoghi più insospettabili. Mentre le indagini proseguono e le salme attendono il doloroso rito dell'ultimo saluto, una comunità intera si interroga sul senso di quanto accaduto. Nuoro piange i suoi morti e si stringe attorno ai feriti, nella speranza che il tempo possa lenire una ferita che segnerà per sempre la memoria collettiva. In questa tragedia, come in tutte le tragedie, resta solo il silenzio. Un silenzio che urla domande senza risposta, che chiede giustizia e comprensione. Ma forse, davanti a un orrore così grande, l'unica cosa che possiamo fare è abbracciare chi resta e non dimenticare chi se n'è andato.