Nelle campagne di Tortolì, tra gli ulivi e il fitto della macchia, gli uomini della Forestale hanno trovato una gabbia, nascosta con cura. Dentro, un’esca: acqua e cibo per cani, la trappola perfetta per ingannare i carnivori. Non è una novità, ma ogni volta fa lo stesso effetto. Ci si domanda sempre chi ci sia dietro. Non un cacciatore, quello lo si riconosce. Qui si tratta di altro: bracconieri.
La gabbia era dotata di un meccanismo a ghigliottina che scattava non appena l’animale, attirato dall’odore, ci metteva piede. Non volpi o martore comuni, stavolta si parla di gatti selvatici, specie rara, sempre più ambita nei traffici clandestini.
La Forestale ha tenuto d’occhio la zona per giorni, ma il bracconiere non si è fatto vedere.
Così, senza più attesa, è scattato il sequestro e la segnalazione alla Procura di Lanusei. Le leggi parlano chiaro: caccia con mezzi non consentiti, multa fino a 1.549 euro. Ma il vero prezzo non lo pagano i colpevoli, lo pagano gli animali che finiscono in quella rete.
Questo episodio ci ricorda che, malgrado le leggi e i controlli, il bracconaggio non è roba del passato. Tutt’altro. Vive, respira, e trova sempre nuove forme per sfuggire ai radar dello Stato.
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