Gent.ma Redazione di Green and Blue,
ho letto con stupore e sconcerto l'articolo al link https://www.repubblica.it/green-and-
blue/2024/08/09/news/sardegna_il_governo_impugna_lo_stop_per_18_mesi_sulle_rinnov
abili_voluto_da_alessandra_todde-423439948/
Stupore per aver letto contenuti relativi quasi solo ad una prospettiva centrale, interpretata
quasi esclusivamente dalle dichiarazioni del Presidente nazionale di Legambiente Stefano
Ciafani; sconcerto per non aver letto neanche mezza riga di intenti di approfondimento
della prospettiva locale.
Il contesto sardo, che nell'articolo Ciafani definisce "ostile" alle rinnovabili, è invece in
questo momento molto eterogeneo e presenta posizioni molto variegate. Quello di cui
avrebbero bisogno i Sardi, sarebbe prima di tutto una buona informazione, obiettiva e
plurale. Anziché omologarci come ostili, tutti a seguire acriticamente l'editore Sergio
Zuncheddu e le sue testate, perché non dedicate del tempo a sentire le varie voci, dal
mondo della politica alle imprese, dalla società civile all'associazionismo e
all'ambientalismo fino al mondo della ricerca?
Scoprirete allora una realtà regionale molto eterogenea, con poche certezze, perché è un
mondo che in questo momento soprattutto si interroga.
E qui viene il vostro ruolo, al quale non potete abdicare: se davvero ritenete che un gruppo
editoriale privato stia manipolando e condizionando l'opinione pubblica sarda, intervenite
anche voi nel dibattito, apportando dati e informazioni verificate che aiutino i cittadini Sardi
a capire e successivamente a decidere.
Abbiamo davvero bisogno di capire quanta parte dello sforzo energetico rinnovabile
dobbiamo sostenere a livello nazionale, anche rispetto al nostro fabbisogno. E quali
possano essere le ricadute positive a livello socio economico, dai costi dell'energia ai
nuovi posti di lavoro. Non sono domande banali in un'isola in cui la diffidenza e sfiducia
verso le istituzioni sono ai massimi, anche a causa di un'emigrazione galoppante che
determina uno spopolamento ormai non sostenibile, con conseguente crollo dei servizi (ad
iniziare dalla Sanità) e degli investimenti pubblici in infrastrutture (siamo l'unica regione
italiana senza autostrade e con una rete stradale e ferroviaria da terzo mondo, solo per
fare un esempio).
Facile giudicarci per chi vive a Roma o a Milano.
Sarebbe utile capire fino a che punto la legge consentirebbe ad una società privata di
espropriare (o occupare?) terreni privati per realizzare questi impianti. Fino a che punto
sarebbero tutelati i diritti dei legittimi proprietari? Anche questa non è una domanda banale
in un contesto ambientale e socio economico come quello delle zone interne agro pastorali
della Sardegna, dove non esiste l'agricoltura o la zootecnia intensiva, e per questo
assolutamente non paragonabili a tante aree agricole d'Italia e d'Europa. Vuol dire essere
ostili chiedere che i progetti di inserimento nel territorio degli impianti energetici rinnovabili
tengano conto delle specificità delle nostre zone interne e prevedano il coinvolgimento ex
ante delle comunità locali?
Questo punto ci porta direttamente alla questione degli impatti ambientali: se è vero che
esistono dati scientifici che vedono nelle rinnovabili una strategia irrinunciabile per
contrastare il cambiamento climatico, esistono altrettanti dati che dimostrano come gli
impianti fotovoltaici, agrivoltaici ed eolici causano frammentazione di ecosistemi ed
habitat, interferiscono con numerosi processi biologici come le migrazioni e gli spostamenti
dell'avifauna, dei pesci e dei cetacei (per gli impianti off shore), fino a causare erosione ed
estinzioni locali di popolazioni di piante e animali. La Sardegna, con circa 2500 piante
autoctone, delle quali il 15% endemico, oltre ad elevate percentuali di farfalle, coleotteri,
anfibi e rettili unici al mondo (solo per citare alcuni gruppi tassonomici, senza soffermarci
sulla elevata ricchezza e diversità di mammiferi, uccelli, funghi, licheni, muschi, fauna e
flora marine), è considerata un hotspot di biodiversità a livello mondiale. Vuol dire essere
ostili chiederci se quest'isola può permettersi di ospitare mega impianti energetici tanto
nelle superfici marine al largo delle proprie coste quanto nelle aree interne, spesso con
concentrazioni di pale eoliche già attualmente non sostenibili sulle zone montane, che
spesso ospitano alte densità di specie animali e vegetali sensibili agli impatti industriali?
I Sardi non sono, in generale, contro le energie rinnovabili: sono contro la speculazione
energetica senza essere coinvolti nei processi decisionali. In un'isola che sta
faticosamente cercando alternative all'industria chimica e all'emigrazione galoppante nel
turismo sostenibile e nelle filiere agroalimentari, vuol dire essere ostili alle rinnovabili
chiedere che gli impianti fotovoltaici e agrivoltaici non consumino suolo arabile? Che
gigantesche pale eoliche non vengano impiantate sulle nostre montagne, al largo delle
nostre coste o nelle vicinanze dei nostri siti archeologici (tra l'altro in un momento cruciale
per la candidatura dei siti nuragici quali patrimonio UNESCO)? È utopistico pensare ad un
sistema capillare di impianti rinnovabili medio-piccoli, che vengano installati sui tetti delle
abitazioni, delle aziende agricole, dei capannoni industriali e nelle aree industriali
dismesse? Vuol dire essere ostili chiedere che i cittadini siano coinvolti nei processi
decisionali di individuazione delle aree idonee?
Queste e altre domande si pongono le cittadine e i cittadini di questa isola, e la stampa
nazionale ha una grande opportunità: ascoltarci e aiutarci a capire.
Ma non è certamente intervistando il solo Ciafani che si arriva a questo. Provate a
contattare i tanti attori locali, provate a capire cosa c'è dietro una petizione come la
seguente, lanciata da Stefano Deliperi del Gruppo di Intervento Giuridico, che va veloce
verso le 20mila firme:
https://www.change.org/p/si-all-energia-rinnovabile-no-alla-speculazione-
energetica/exp/wa/washarecopy_490035354_it-
IT/5/292271973?recruiter=292271973&recruited_by_id=74718850-f56f-11e4-9f65-
014d2c51c782&utm_source=share_petition&utm_campaign=psf_combo_share_initial&ut
m_medium=whatsapp&utm_content=washarecopy_490035354_it-IT%3A5
Fate un attento e meticoloso fact checking di questo articolo comparso sull'Unione Sarda,
e così potrete spiegare ai Sardi cosa c'è secondo voi di errato nelle informazioni veicolate
da Mauro Pili, a proposito di una proposta di legge d'iniziativa popolare che, al di là dei
presupposti giuridici e degli esiti finali, è e sarà un grande esercizio di democrazia, che
non può essere superficialmente e sbrigativamente liquidato come atto ostile:
https://www.unionesarda.it/news-sardegna/legge-pratobello-si-vota-anche-a-ferragosto-
domande-e-risposte-tutto-quello-che-ce-da-sapere-dj2a8k36
In questo modo potrete veramente aiutare i Sardi a capire e a decidere, incidendo sui
processi informativi, apportando qualità e chiarezza nelle informazioni: azione che
certamente gioverà alla Sardegna nell'immediato, ma che avrà certamente anche un
riverbero positivo su altri contesti italiani nel medio-lungo termine.
Ringraziandovi anticipatamente per l'attenzione che vorrete dedicare a questa mia,
porgo a tutte/i voi i miei più cordiali saluti,
Emmanuele Farris
Docente di Botanica
presso l’Università degli Studi di Sassari
Presidente pro tempore
della sezione sarda della Società Botanica Italiana