Alghero, estate 2024. Il sole picchia duro, ma c’è un posto in città dove il caldo sembra avere una sua residenza fissa. È il reparto di Medicina dell’Ospedale Civile, dove i pazienti, già messi a dura prova dalle loro malattie, si ritrovano a combattere contro un nemico inatteso: l’afa.
"È una sofferenza indescrivibile," mi racconta la figlia di un paziente.
E le credo, perché quando il termometro segna quaranta gradi all’ombra e l’unico refrigerio viene da quei pochi "pinguini" — no, non i simpatici uccelli del Polo, ma quei trabiccoli che sputano aria fresca solo nei corridoi — allora capisci che qui c’è qualcosa che non va. Dentro le stanze, invece, i pazienti se la vedono con ventagli e tapparelle semichiuse, come fossero tornati agli anni ’50, quando l’aria condizionata era un lusso per pochi.
Ma il problema non è solo la scomodità. No, il vero dramma è che il caldo peggiora le condizioni di salute di chi già non sta bene. Lo sa bene il personale medico, che, oltre a fare i salti mortali per colmare le lacune di un organico ridotto all'osso, si ritrova a dover fronteggiare l'ira di familiari esasperati e, peggio, a dover spiegare ai malati che non c'è modo di farli stare meglio, almeno sul fronte del clima.
"È un’emergenza sanitaria," sbotta Christian Mulas, presidente della Commissione Consiliare alla Sanità. Ha ragione, e lo dice senza mezzi termini: "Non possiamo lasciare che i nostri malati soffrano così." Parole forti, certo, ma che non bastano a rinfrescare l’aria stagnante che grava su quel reparto.
Mulas ha promesso un’interrogazione urgente. Bene. Ma intanto? Intanto i pazienti continuano a boccheggiare, i medici a faticare e le famiglie a protestare. In un Paese normale, ci si aspetterebbe che un ospedale, luogo deputato alla cura e al recupero della salute, fosse anche un posto dove poter respirare. Ma siamo in Italia, dove a quanto pare, persino l’aria condizionata diventa un lusso per chi è malato. E così, mentre i politici si scambiano accuse e promesse, a rimetterci sono, come sempre, i più deboli.
Forse, alla fine di tutto, non ci resta che aspettare l’autunno, sperando che almeno la pioggia possa fare quello che il buon senso non sembra capace di fare: rinfrescare un reparto che, più che di medici, ha disperatamente bisogno di un tecnico dell’aria condizionata.