In un giorno di metà agosto, sotto il sole cocente di Sardegna, Chilivani si è fermata per ricordare. Sono passati 29 anni da quel maledetto 16 agosto 1995, quando i Carabinieri Ciriaco Carrù e Walter Frau caddero sotto il fuoco spietato di una banda di rapinatori. Era un’imboscata, preparata con freddezza e calcolata nei minimi dettagli. I malviventi, nascosti nell’ombra, aspettavano il passaggio di un furgone portavalori. Non c’era scampo per Carrù e Frau, uomini che indossavano la divisa con onore e dedizione, ma che quel giorno pagarono il prezzo più alto.
La giustizia, quella che dovrebbe dare un senso a un sacrificio così grande, si è mostrata parziale, incompleta. La banda, sì, fu in parte sgominata, ma non del tutto. Alcuni dei responsabili riuscirono a fuggire, a scomparire nell’ombra, lasciando dietro di sé non solo il sangue di due carabinieri, ma anche un vuoto amaro, un senso di ingiustizia che ancora oggi brucia.
I familiari di Carrù e Frau non hanno mai smesso di chiedere verità. La loro voce, spesso soffocata dal trascorrere degli anni e dalla burocrazia, torna a farsi sentire ogni volta che il ricordo di quella giornata riaffiora.
Chiedono che l'inchiesta venga riaperta, che si indaghi nuovamente, senza sconti, per portare alla luce ogni dettaglio rimasto sepolto. La "Chilivani bis" non è solo un atto dovuto alla memoria, ma un’esigenza morale. Perché non c’è pace finché giustizia non è fatta, davvero.
Chilivani, in questo giorno di ricordo, non può fare altro che alzare lo sguardo verso quei volti impressi nella memoria collettiva, chiedendosi quando la verità avrà finalmente la meglio sul silenzio e sull’oblio. La storia di Carrù e Frau non è solo una tragedia locale, è una ferita aperta nel cuore del Paese, un monito che il tempo non può cancellare.
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