Purtroppo è una storia vera.
Sami Modiano ha visto l’orrore, quello che nessun bambino, nessun essere umano, dovrebbe mai vedere. Oggi, a 94 anni, è uno degli ultimi testimoni di una delle pagine più buie della storia dell’umanità. Quando venne deportato dai nazisti nel campo di concentramento e sterminio di Birkenau, aveva appena 13 anni. Un’età in cui la vita dovrebbe essere fatta di giochi e scoperte, non di terrore e morte.
Sami è sopravvissuto, ma non è mai veramente uscito da quell'inferno. “Io da Birkenau non me ne sono mai andato. Io sono sempre qui,” dice ai giovani a cui racconta la sua storia, sperando che la sua testimonianza possa impedire che l’orrore si ripeta.
Fu deportato da Rodi insieme a tutta la Comunità Ebraica, circa duemila persone, in un viaggio estenuante che durò un mese, nel luglio del 1944. Un viaggio sotto un sole implacabile, senza acqua, senza cibo, verso una destinazione che non conoscevano ma che avrebbero presto imparato a temere. All’arrivo, furono accolti con calci, pugni e urla, mentre i cani dei soldati tedeschi abbaiavano ferocemente. Nessuna pietà, nessun conforto. Solo violenza e paura.
Sami ha perso tutto a Birkenau.
La sua famiglia, il suo mondo. “Ho perso tutta la mia famiglia, mia sorella Lucia, una ragazza bellissima, e mio padre Giacobbe, un padre adorabile. Me li hanno ammazzati barbaramente,” racconta con una voce che ancora oggi trema di dolore e rabbia. Ma ricorda anche le parole di suo padre, parole che lo hanno tenuto in vita: “Sami, tu ce la devi fare.”
E Sami ce l’ha fatta. Quando i russi si avvicinavano a Birkenau per liberare il campo, i tedeschi iniziarono la marcia della morte, portando con sé i superstiti. Sami era debole, troppo debole per continuare. Cadde a terra, svenuto, ormai sull’orlo della morte. Alcuni prigionieri, nel tentativo disperato di salvarlo, lo nascosero sopra un cumulo di cadaveri, sperando che i tedeschi non lo notassero. E così fu.
Oggi Sami Modiano è ancora qui, a 94 anni, a raccontare una storia che nessuno dovrebbe dimenticare. “Chi entrava in quel campo leggeva una frase all’ingresso, ‘Il lavoro rende liberi’. Invece purtroppo da quel campo entravi con le tue gambe, ma uscivi solo dal forno crematorio,” dice, ricordando a tutti che l’Olocausto non è solo un capitolo nei libri di storia, ma una ferita aperta, una cicatrice che l’umanità deve portare con sé per non dimenticare.
Queste sono solo alcune delle testimonianze di Sami Modiano, sopravvissuto all'Olocausto. E finché sarà vivo, continuerà a raccontare, perché il mondo non può permettersi di dimenticare.