Santa Giusta, un piccolo paese di 4.500 anime nell'Oristanese, si sveglia ancora una volta con l'eco di un colpo di fucile che spezza vite e famiglie. Andrea Giuntoli e Francesco Salis, due uomini di poco più di quarant'anni, amici o almeno conoscenti di lunga data, hanno trasformato una banale lite da bar in un dramma che affonda le radici in una Sardegna che sembra non voler uscire mai dalle sue antiche dinamiche di sangue e onore.
È una storia vecchia come il mondo, quella che si è consumata nella notte di venerdì. Due uomini, probabilmente alticci, che cominciano a litigare per un apprezzamento maldestro, un'offesa lanciata per gioco o per rabbia. Una parola tira l'altra, i toni si alzano, si passa alle mani, e alla fine si impugna un'arma. Nel caso di Salis, un bastone prima e una roncola poi.
Giuntoli, invece, è andato a prendere il fucile da caccia, quell'oggetto che in Sardegna è tanto comune quanto lo è il coltello nella tasca dei pastori.
E così, per un motivo futile, come lo sono quasi sempre questi motivi, una lite si trasforma in omicidio. Salis cade colpito al basso ventre, ucciso da una fucilata esplosa da distanza ravvicinata. Un colpo che non lascia scampo, nemmeno se a spararlo non è un professionista del crimine, ma un operaio, un uomo che forse, fino a quel momento, non aveva mai immaginato di poter togliere la vita a un altro.
Ma la realtà di questa Sardegna è che, nonostante i passi avanti, nonostante il progresso, c'è ancora un lato oscuro che sembra immune al passare del tempo. Un lato in cui il sangue continua a scorrere per futili motivi, in cui la morte è spesso l'epilogo di una rabbia covata, di un rancore mai sopito, di una cultura che, pur non essendo più quella arcaica delle faide e dei codici d'onore, non riesce a scrollarsi di dosso certi retaggi.
E allora, cosa resta? Resta un paese sconvolto, una comunità che si interroga, che piange il morto e che guarda con sgomento l'assassino. Resta una famiglia distrutta e un'altra segnata per sempre dalla colpa. Resta la consapevolezza che siamo ancora a questo punto: a dover raccontare storie che sembrano uscite da un passato remoto, ma che invece si consumano nel presente, in una via qualsiasi di un paese qualsiasi.
Giuntoli è stato arrestato, senza opporre resistenza. Ora dovrà spiegare davanti a un giudice perché ha deciso di premere il grilletto.
Ma c'è davvero qualcosa da spiegare? In fondo, le dinamiche sono sempre le stesse, e il risultato non cambia: un uomo morto, un altro che finirà i suoi giorni dietro le sbarre, e un paese che, come tanti altri in Italia, si chiede quando e se mai riuscirà a uscire da questo circolo vizioso di violenza.
E noi, che scriviamo queste righe, ci ritroviamo a fare i conti con l'amarezza di dover raccontare ancora una volta una tragedia che sembra non voler finire mai.