In un Paese che si definisce civile e progredito, quanto accaduto al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Alghero il 7 agosto scorso non dovrebbe mai verificarsi. Eppure, proprio qui, nel cuore dell’estate sarda, si è consumato un episodio che non solo denuncia l’inadeguatezza delle strutture, ma che mette a nudo la disarmante indifferenza verso la salute e la dignità di chi lavora e si rivolge a questi uffici.
Le temperature all’interno del Commissariato hanno superato i 35 gradi, un dato che già di per sé dovrebbe far scattare l’allarme, ma che è stato trascurato fino al punto in cui una giovane donna tra il pubblico ha perso i sensi. L’intervento dell’ambulanza, resosi necessario per soccorrere la ragazza svenuta, non è solo un fatto grave, è un campanello d’allarme suonato troppo tardi in un contesto di ignavia e inefficienza.
Già lo scorso 31 luglio, la Segreteria Provinciale del S.I.A.P. aveva denunciato e noi riportato le condizioni insostenibili in cui versa il Commissariato, anticipando quasi profeticamente che una situazione del genere avrebbe potuto portare a conseguenze spiacevoli. Eppure, nulla è stato fatto per porre rimedio a una carenza che non è soltanto logistica, ma soprattutto gestionale.
La vicenda del 7 agosto è solo l’ultima di una serie di dimostrazioni della totale inadeguatezza di chi è chiamato a garantire condizioni di lavoro dignitose e a offrire un servizio pubblico efficiente. Questa è una storia che si ripete, dove l’incapacità di prevedere e prevenire disagi si mescola a una preoccupante indifferenza verso la salute di chi lavora nelle strutture pubbliche e dei cittadini che vi si recano.
Il quadro che emerge è desolante: un commissariato in condizioni climatiche insopportabili, dove chi vi lavora è costretto a farlo in ambienti non idonei, e chi vi accede come utente rischia di subire conseguenze fisiche. È un fallimento su tutta la linea, che non solo offusca l’immagine della Pubblica Amministrazione, ma mina anche la fiducia dei cittadini verso le istituzioni che dovrebbero tutelarli.
La domanda, a questo punto, è semplice: chi pagherà per questa situazione?
Chi si prenderà la responsabilità di aver lasciato che le cose arrivassero a questo punto? In un Paese normale, episodi come questi dovrebbero innescare una riflessione seria e un’azione immediata per risolvere le criticità. E invece, si continua a girare la testa dall’altra parte, aspettando forse che il problema si risolva da solo o, più semplicemente, che venga dimenticato.
Ma dimenticare non è possibile, non questa volta. Perché ciò che è accaduto nel Commissariato di Alghero è un segnale preoccupante di una macchina burocratica che non solo non funziona, ma che sembra aver perso completamente il contatto con la realtà delle persone che dovrebbe servire e proteggere.
La Segreteria Provinciale del S.I.A.P. ha fatto la sua parte, denunciando la situazione. Ora, la palla passa a chi ha il potere – e il dovere – di intervenire. Ma fino a quando si continuerà a ignorare questi segnali, il rischio è che la situazione peggiori ulteriormente, e con essa, la fiducia nei confronti delle istituzioni che dovrebbero rappresentare la colonna portante di un Paese davvero civile e progredito.
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