Una vergogna nascosta nei campi: Sfruttamento di migranti nel cagliaritano

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  In una nazione che si vanta di essere civile, accogliente, umana, il sud Sardegna pulsa di un'oscura vergogna. Il marciume del caporalato si è insinuato tra i filari dei campi agricoli di Monastir, a venti chilometri da Cagliari, dove un 39enne, titolare di un'azienda agricola, ha costruito il suo piccolo impero sulla schiena di esseri umani disperati. Uomini fuggiti da guerre, persecuzioni e povertà, solo per essere inghiottiti da un nuovo inferno, travestito da lavoro onesto. 

  Gli investigatori della Sezione Criminalità diffusa della squadra mobile di Cagliari, in collaborazione con l'Ispettorato del lavoro di Cagliari e Oristano, hanno strappato il velo su questa tragica realtà. Paghe da miseria: cinque euro l'ora per spezzarsi la schiena tra le zolle, per otto, dieci ore al giorno. Niente cibo, niente acqua, niente alloggi dignitosi. Uomini trattati peggio delle bestie, senza alcuna protezione, senza nessuna delle tutele che dovrebbero essere garantite in un paese che si definisce giusto e civile. 

  La denuncia, partita da una segnalazione ricevuta dall'ispettorato del lavoro, ha messo in moto un'indagine lampo, culminata con il blitz del 26 luglio scorso. Cinque migranti, richiedenti asilo, ospiti del centro di accoglienza temporaneo di Monastir, sono stati trovati a lavorare nei campi dell'azienda agricola del cagliaritano. L'uomo, colto in flagrante, è stato arrestato. Le sue mani, che si tendevano a raccogliere il frutto del sudore altrui, ora devono firmare ogni giorno, un piccolo prezzo per la libertà che ancora gli è concessa. 

  Le testimonianze dei migranti raccontano di una vita di fatica e umiliazione. "Impiego giornaliero di 8/10 ore con una breve pausa per il pranzo che il lavoratore portava autonomamente, come anche l'acqua per bere" – ha spiegato la polizia. Condizioni di lavoro primitive, senza protezioni individuali, senza locali adeguati per le pause. Una retribuzione ridicola, lontana anni luce dai contratti collettivi nazionali. Una miseria travestita da salario, pagata in nero per nascondere la vergogna. Questa è la realtà che ci circonda, una realtà che preferiamo non vedere, nascosta tra i filari di un campo agricolo. Un uomo che sfrutta la disperazione per il proprio tornaconto, una società che chiude gli occhi. Ma la giustizia ha fatto il suo corso, almeno per questa volta. L'arresto del 39enne cagliaritano non risarcisce la dignità perduta di questi uomini, non cancella le ore di fatica e dolore, ma è un passo, un piccolo passo, verso un'umanità che non deve dimenticare di essere tale.