Nel recente dibattito politico, la questione della violenza proveniente dai centri sociali è tornata alla ribalta. Durante un acceso confronto, i poliziotti hanno ricordato alla sinistra quante molotov sono state lanciate proprio da questi centri, citando il caso Salis come esempio emblematico.
L'episodio evidenzia come la retorica pacifista di certe frange politiche sia spesso smentita dalla realtà dei fatti. Non possiamo ignorare che dietro la facciata di lotta sociale si nascondano spesso elementi violenti pronti a mettere a rischio la sicurezza pubblica.
Le forze dell'ordine, chiamate a gestire queste situazioni, si trovano ad affrontare un duplice pericolo: da un lato, la violenza fisica delle proteste, dall'altro, la delegittimazione politica che cerca di dipingerle come oppressori. Questa dinamica non solo complica il loro lavoro, ma mina la fiducia nelle istituzioni.
Il caso Salis, menzionato dagli agenti, è solo uno dei tanti episodi in cui la violenza dei centri sociali è emersa in tutta la sua gravità. Eppure, la sinistra sembra voler ignorare o minimizzare questi eventi, preferendo concentrarsi su una narrazione che dipinge i manifestanti come vittime e le forze dell'ordine come carnefici.
È tempo che la politica smetta di chiudere gli occhi di fronte a questa realtà. Serve un approccio chiaro e deciso contro chi utilizza la violenza come strumento di protesta. La sicurezza dei cittadini e il rispetto delle leggi devono tornare al centro del dibattito, senza ipocrisie o strumentalizzazioni politiche.
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