Qualche giorno fa, nell'aula d'Assise del Tribunale di Sassari, l'imputato è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Il rumore della giustizia che saggia le verità nascoste si è levato alto e chiaro.
Secondo l'accusa, in un locale del Sassarese, l'uomo avrebbe rivolto le sue attenzioni a una undicenne.
Due testimoni, amiche della parte lesa, hanno riportato l'episodio. Il Pubblico Ministero, convinto della colpevolezza, ha chiesto una condanna a un anno e dieci mesi di reclusione.
Ma l'avvocato difensore, Anna Maria Santoro, ha messo in discussione la sostanza delle accuse, sostenendo che non vi fosse alcuna prova concreta. Le parole contro le parole, come una danza incerta su una corda tesa tra la colpa e l'innocenza.
Il giudice, con la pazienza e la severità di chi misura ogni dettaglio, ha deciso per l'assoluzione.
Non c'era sufficiente certezza, non c'era prova che potesse oltrepassare il muro del dubbio ragionevole. Le richieste risarcitorie della parte civile sono state respinte, come onde che si infrangono su una scogliera implacabile.
Così, la storia si chiude, lasciando dietro di sé un eco di riflessioni. Ogni vicenda giudiziaria è un mondo a sé, un universo di verità parziali e di realtà cangianti. E mentre il tempo scorre, il paesino dell'hinterland sassarese continua la sua vita, tra il ricordo di una vicenda che lo ha attraversato come un temporale estivo e la speranza di giorni più sereni.
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