Sette ore di inferno per un poliziotto, cinque arresti cardiaci: L'aggressore, un criminale seriale marocchino #italia

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  Una notte di ordinaria follia a Milano si trasforma in tragedia. Christian Di Martino, viceispettore di Polizia di 35 anni, ha rischiato la vita per fermare un gesto di violenza insensata vicino alla stazione di Lambrate. L'agente è stato aggredito brutalmente con un coltello da cucina da un marocchino irregolare di 37 anni, Hasan Hamid, già noto alle forze dell'ordine per una lunga scia di crimini. Il poliziotto è intervenuto quando Hamid, già responsabile di aver lanciato pietre contro i treni e aver colpito una donna alla testa, lo ha accoltellato ripetutamente.

  I colpi hanno causato ferite gravissime che hanno richiesto un intervento chirurgico estremo presso l'ospedale Niguarda: sette ore di operazione, cinque arresti cardiaci, quaranta sacche di sangue e trenta di plasma, e ora un lotta contro un edema polmonare. Le condizioni di Di Martino sono stabili ma critiche, con prognosi ancora riservata. Nel frattempo, il responsabile di questo assalto quasi mortale, Hasan Hamid, è stato arrestato. Non è un nome nuovo per le autorità: il suo curriculum criminale include rapina aggravata, furto, lesioni, e persino sequestro di persona. Nonostante ripetuti tentativi di espulsione e periodi di detenzione, Hamid è rimasto in Italia, continuando a delinquere. 

  La storia di Hamid è emblematica di un sistema che sembra incapace di proteggere i cittadini e i suoi stessi servitori dall'aggressione di individui che non dovrebbero trovarsi nel Paese. Dopo un arresto iniziale nel 2002 a Napoli e nonostante due provvedimenti di espulsione, Hamid ha continuato a sfidare la legge, rimanendo in Italia, apparentemente indisturbato fino all'ultima e devastante aggressione. Questo episodio non è solo un dramma individuale per un agente e la sua famiglia, ma un monito severo sullo stato della sicurezza e dell'immigrazione nel nostro Paese. È un chiaro segnale che le misure attuali non sono sufficienti o non sono state adeguate per fronteggiare minacce di tale gravità. Ora, mentre Di Martino lotta per la sua vita, la comunità deve confrontarsi con le lacune di un sistema che ha permesso che una tale catena di eventi si verificasse.