Tra le piege di Cagliari, la droga come sinfonia della disperazione moderna

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  In quel labirinto urbano che è Cagliari, città sospesa tra il blu profondo del Mediterraneo e l'aridità delle sue colline, si è consumato un atto tanto banale quanto tragico nella sua ordinaria illegalità. Un giovane di 24 anni, nella zona di Mulinu Becciu, ha deciso di fare della sua abitazione non un focolare domestico, ma una sorta di agorà del narcotico, un bazar dove le merci scambiate non erano tessuti o spezie, ma hashish, cocaina e marijuana. 

  La polizia ha fatto irruzione in questo piccolo bazar trovandosi di fronte non a tesori ma a 160 grammi di hashish, 4 di cocaina suddivisa in 11 dosi, e 450 grammi di marijuana. Elementi di una quotidianità deviata, dove i 65 euro sequestrati suonano come un'amara risata di fronte all'abisso di una vita sviata. I taccuini con la contabilità dell'illecito non erano che il corollario di un'esistenza ormai incatenata alla speranza di guadagni facili.

  L'arresto del giovane da parte degli agenti del Nucleo Falchi della Squadra mobile per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, è la cruda testimonianza di una gioventù perduta nelle maglie di un sistema che promette paradisi artificiali in cambio dell'alienazione definitiva dall'essere sociale. Ricondotto nella sua abitazione in regime di arresti domiciliari, il protagonista di questa vicenda si trova ora a fare i conti non solo con la legge degli uomini, ma con quella non scritta del destino e della morale.

  Il post scriptum di questa storia è narrato dalla decisione del gip: nessuna misura cautelare aggiuntiva, come se a sottolineare che, in questo teatro dell'assurdo, la pena sembra quasi sospesa, in attesa di un atto finale che forse non arriverà mai. E così, nella Cagliari che continua a vivere tra i suoi contrasti millenari, la vicenda di un ragazzo e della sua casa trasformata in mercato della droga si dissolve come un'eco tra le strade antiche. Resta però l'amara riflessione su un mondo in cui la ricerca disperata di un senso spinge alcuni verso abissi dai quali è difficile risalire. Questo non è solo un fatto di cronaca, ma un monito a guardare oltre, a cercare di comprendere le radici di un disagio che è sociale, culturale, esistenziale.