Agricoltori e pastori sardi: La rivendicazione di fatti alla Premier Meloni

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  In Sardegna continua a levarsi forte e senza sosta il grido degli agricoltori e dei pastori, stanchi di promesse evaporate come rugiada al mattino. La loro è una lotta per l'attenzione, per il riconoscimento di un settore cruciale ma troppo spesso trascurato dalle agende politiche. Ecco che all'orizzonte si profila una data, il 21 febbraio, segnata in rosso sul calendario: il giorno in cui Giorgia Meloni, premier del governo italiano, atterrerà a Cagliari, non solo per la chiusura della campagna elettorale di Paolo Truzzu ma, forse, per ascoltare le voci di chi la terra la vive, la coltiva, la soffre. 

  "Ci rivolgiamo a lei come capo del governo: ci siamo seduti a un tavolo. Ma da quel tavolo non è arrivato nessun fatto concreto. Ora rivolgeremo a lei le nostre richieste", dichiara Fabio Pitzalis, agricoltore di Guasila, espressione di un disagio diffuso che ha trovato eco nelle parole di una delegazione sanremese dei trattori, ricevuta in Prefettura con la speranza di tracciare un solco nel dialogo, troppo spesso interrotto o infruttuoso. La protesta, che da domani entrerà nella sua terza settimana, vede i suoi protagonisti non solo nelle campagne, ma anche nelle piazze e davanti ai palazzi del potere, laddove le decisioni si fanno e si disfano, spesso dimenticando chi quelle decisioni le subisce sulla propria pelle. Agricoltori e pastori, armati di pazienza e di trattori, non chiedono l'impossibile ma semplicemente "fatti" che seguano le parole, azioni concrete che possano alleviare le difficoltà di un settore che è colonna vertebrale dell'economia isolana ma che si sente abbandonato, se non tradito.

  La pressione per un incontro con la premier Meloni non è dunque un capriccio, ma l'ultima spiaggia di chi vede nell'agricoltura e nella pastorizia non solo un lavoro, ma una missione, un patto indissolubile con la terra che chiede di essere ascoltata, rispettata, valorizzata. "Finora solo tavolo e niente fatti", una frase che suona come un'accusa ma anche come un appello disperato alla politica affinché si faccia carico delle sue responsabilità, affinché si passi dalle parole ai fatti, per non tradire le speranze di chi in quelle parole ha voluto credere. Mentre Cagliari si prepara ad accogliere la premier e la protesta dei suoi figli più tenaci, resta la speranza che questo possa essere l'inizio di un nuovo capitolo, dove il dialogo lasci il posto a soluzioni tangibili, dove la politica dimostri di essere davvero al servizio di chi, ogni giorno, lotta per mantenere in vita le tradizioni e l'economia di una terra unica e irripetibile come la Sardegna.