Il pane dell'inganno: Scoperta e sequestro di una fabbrica clandestina di Carasau e Guttiau in Sardegna

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  In un angolo nascosto della provincia di Nuoro, un oscuro seminterrato in un capannone industriale abbandonato era diventato la culla di un'attività illecita, un laboratorio clandestino dove il pane "carasau e guttiau" prendeva forma, lontano da occhi indiscreti e leggi restrittive. 

  Qui, nel buio di quest'antro, privo di qualsivoglia standard igienico e strutturale, si svolgeva un frenetico balletto di mani e macchine, intente a dare vita a questi prodotti della tradizione sarda. Il proprietario di questa fabbrica dell'illegalità, un signore che osava sfidare le regole del commercio, è stato recentemente tratto in arresto dai carabinieri del Nas di Sassari.

  L'operazione, una sinfonia di precisione e acume investigativo, è scattata al termine di un'indagine complessa, scaturita dalla scoperta di confezioni di pane guttiau con etichette non conformi in un negozio della Gallura. L'inganno era subdolo: le etichette suggerivano un'origine diversa, un luogo di produzione lontano dalla realtà di quel seminterrato. Ma l'investigazione ha svelato l'arcano, portando alla luce un luogo dove non solo il pane veniva creato, ma anche stoccato e confezionato, insieme a prodotti di provenienza dubbia, come formaggi e salumi privi di qualsiasi tracciabilità. All'interno di questo antro, i carabinieri hanno scoperto un caos organizzato: imballaggi ammassati, fusti di olio lubrificante a contatto con le linee di produzione, un ambiente scarsamente illuminato che necessitava di torce per la sua esplorazione.

  Una selva di recipienti plastici vuoti, prodotti chimici, silicone aperto, e un impianto elettrico precario completavano la scena di questo teatro dell'illecito. In mezzo a tutto questo, frigoriferi e congelatori a pozzetto regnavano, custodi di alimenti di origine animale, in compagnia di insetti e larve, testimoni muti di una negligenza criminale. Il titolare di questo inquietante stabilimento ora si trova davanti alla giustizia, accusato di frode in commercio e condannato a una sanzione amministrativa di 7.500 euro. Un epilogo che sancisce la fine di un'operazione illecita, ma anche il monito per quanti ancora osano sfidare le regole e la sicurezza alimentare.