La morte ignorata: Il suicidio di Erik Masala e l'indifferenza del sistema carcerario

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Il suicidio del ragazzo di 26 anni, Erik Masala, detenuto nel carcere di Bancali è una sconfitta per tutti. Per lo Stato che abbandona tutti coloro che vivono e lavorano all'interno del carcere. La polizia penitenziaria, i direttori, gli educatori, per il Ministro della Giustizia che non sente il grido di allarme che arriva da quei luoghi. Non si possono continuare a nascondere malati e tossicodipendenti dentro le celle e ignorare questa realtà. Questa la dichiazione di Irene Testa Garante Regionale delle persone private della libertà personale a cui si aggiungono le parole di Maria Grazia Caligaris, referente e portavoce dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che si occupa dei problemi dei detenuti e del sistema carcerario sotto l’aspetto umanitario. «Un gesto estremo, per molti versi inspiegabile - sostiene Caligaris, che ha gettato nello sconforto tutti gli operatori penitenziari di Bancali. Sono infatti risultati inutili i tentativi di salvarlo. Un atto estremo di autolesionismo che nessuno però può ignorare. Occorre una seria riflessione su quanto sta avvenendo dentro le carceri italiane e mettere mano a una seria azione riformatrice in grado di dare risposte ai bisogni reali della società». Erik Masala era denuto nel carcere di Bancali a Sassari per scontare un cumulo di pene. A gennaio aveva patteggiato tre anni a conclusione di un processo che lo aveva visto imputato per lesioni gravissime: nel giugno precedente in via Seruci aveva colpito con il machete il rivale Maurizio Castangia, col quale poco prima aveva avuto una discussione. Gli aveva quasi amputato un braccio. Poi era fuggito: prima di consegnarsi alle forze dell’ordine, si era barricato in una casa minacciando di far esplodere il palazzo con una bombola del gas. Era indagato inoltre per traffico di droga. Un ragazzo che aveva grosse problematiche e che forse non sarebbe dovuto stare in carcere ma in una struttura protetta. Erik era di Cagliari nato a Sant' Elia aveva più volte chiesto di essere trasferito a Uta per poter ricevere le visite della compagna e dei due figli di cui uno non aveva mai visto. Purtroppo le sue richieste sono state inascoltate e ieri purtroppo è stato trovato impiccato dagli agenti di polizia penitenziaria che hanno tentato invano di salvarlo. Il suo legale Riccardo Floris, ha chiesto accertamenti sulle circostanze che hanno portato alla morte del giovane. Il legale dichiarato: «Non mi ha mai dato segnali che potessero pensare che volesse togliersi la vita. Ci sentivamo spesso perché voleva essere trasferito a Cagliari, al più presto: da poco gli era nato l'ultimo figlio ma non aveva avuto ancora modo di riconoscerlo». Ad aggiungere ombre sul decesso, i segni sospetti che i familiari, chiamati per il riconoscimento della salma, avrebbero notato sul corpo del ragazzo. Anche per gli amici di Sant’Elia «Erik non si sarebbe mai ucciso». Il magistrato ha disposto l’autopsia per stabilire le cause della morte.