L'eredità degli esuli istriani a Fertilia: una storia di fuga, integrazione e memoria

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In una remota parte della Sardegna, la storia racconta di un capitolo dimenticato del dopoguerra italiano. Il borgo sardo di Fertilia, situato ad un tiro di schioppo dalla storica Alghero, ha radici che affondano ben oltre le acque del Mediterraneo, raggiungendo le coste dell'Istria. Questa terra, densa di storia e cultura, racchiude il ricordo doloroso delle foibe, lugubri cavità carsiche dove, tra il 1943 e il 1947, migliaia di persone furono barbaramente gettate dai partigiani di Tito. Dopo l'assegnazione di Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia con il Trattato di Parigi del 1947, un'ondata di italiani, in fuga dalla brutalità delle rappresaglie, cercò rifugio ovunque potesse trovarlo. Tra questi profughi, alcuni si rifugiarono a Fertilia, un borgo fondato nel 1936 da Mussolini. Arrivati dal tranquillo Mare Adriatico al selvaggio Mare di Sardegna, questi esuli, guidati da un prete, edificarono simboli del loro passato, come un campanile che evoca il famoso campanile di Piazza San Marco a Venezia. Questi pescatori, abituati alle acque dell'Adriatico, si adattarono alla nuova vita marina, ma fu la terra fertile di Fertilia, bonificata e rigogliosa, che fornì loro una nuova fonte di sostentamento. E mentre il tempo scorreva, segni della loro eredità rimasero. Ancora oggi, in un bar del centro, è possibile udire l'eco del dialetto istriano. Una stele di marmo, guardando l'orizzonte, ricorda la gratitudine: «Qui nel 1947 la Sardegna accolse fraternamente gli esuli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia». Eppure, nonostante l'accoglienza, la strada verso l'integrazione non fu facile, con le tensioni tra i sardi e gli immigrati di origine ferrarese. Ma questo borgo è la testimonianza vivente dell'adattabilità dell'uomo, della sua capacità di ricostruire e integrarsi, pur mantenendo vive le radici del proprio passato doloroso. E così, Fertilia sta a simboleggiare non solo una terra di rifugio, ma anche un luogo di memoria e di rispetto per quegli esuli che hanno cercato di ricominciare una nuova vita.