Tradizioni e tributi: La storia di San Raimondo e la rivolta di Bono

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I festeggiamenti in onore di San Raimondo Nonnato nascono a Bono con lo scopo di festeggiare una vittoria di Giovanni Maria Angioy, nativo proprio di Bono, contro il forte governo piemontese: si trattava dei moti feudali del 1796. I riti religiosi si svolgono in una piccola chiesa campestre intitolata al Santo, che sorge su di una collina, a pochi km dal centro abitato. Proprio in questa zona si estendeva un antico villaggio, Lorzia, spopolatosi nel XV secolo, sia a causa di una terribile pestilenza, sia per i numerosi e frequenti saccheggi effettuati dagli spagnoli. La festa che si svolge in onore di San Raimondo Nonnato è soprattutto una sagra campestre, infatti, sono numerose le manifestazioni civili come canti, balli e pranzi comunitari dove spicca la pecora bollita. Durante i festeggiamenti si svolge anche una gara equestre molto particolare, poiché il premio più ambito è quello assegnato all’ultimo classificato, vale a dire la più grande zucca coltivata nelle campagne del paese. Proprio per questo motivo, la sagra è chiamata anche “festa della zucca di San Raimondo”. Sulla facciata del Municipio di Bono si legge: « A Giovanni Maria Angioy, che ispirandosi ai veri dell’89 bandì la Sarda crociata contro la Tirannide Feudale. » Giovanni Maria Angioy moriva a Parigi povero e solo il 22 marzo del 1808 assistito e sostenuto dalla vedova Dupont. Venne sepolto probabilmente in una fossa comune. S. Raimondo, soprannominato Nonnato (non nato) perchè venuto alla luce mediante operazione medica dopo la morte della madre, nacque nella Catalogna l'anno 1204 da nobile famiglia. Suo padre, dopo avergli per qualche tempo permesso di attendere agli studi, all'improvviso lo mandò a lavorare i campi. Raimondo approfittò di questa solitudine per impiegare maggior tempo nell'orazione e per meditare le verità della fede. Visitava spesso una chiesa nella quale si venerava un'immagine della SS. Vergine verso cui fin dall'infanzia professava tenerissima devozione, ed a cui si raccomandava affinché gli facesse conoscere lo stato di vita che doveva eleggere. Dopo aver molto pregato, si sentì ispirato ad entrare nell'ordine della Beata Vergine della Mercede, fondato da poco tempo da San Pietro Nolasco. A questo scopo si portò a Barcellona dal suddetto S. Pietro Nolasco, generale dell'ordine, e dalle sue mani ottenne l'abito religioso. In questo istituto fece tanto progresso nel cammino spirituale, che dopo qualche anno di professione, fu giudicato degno di esercitare l'ufficio di redentore degli schiavi. Andato ad Algeri, dopo aver dato tutto il denaro per il riscatto degli schiavi, diede se stesso in ostaggio per ottenere la liberazione di quei cristiani, che correvano il pericolo di rinunziare alla loro fede. Però il suo generoso sacrificio non servì che ad irritare maggiormente i maomettani, i quali lo trattarono con tanta crudeltà che poco mancò non morisse fra le loro mani. Ma essendone stato avvertito il governatore della città, per paura che venendo a morire, perdesse la somma per cui era tenuto in ostaggio, proibì di maltrattarlo eccessivamente e minacciò di far pagare la somma che gli aspettava per il suo riscatto a coloro che l'avrebbero fatto morire. Avuta la libertà di girare per la città di Algeri, Raimondo se ne servì per visitare i cristiani e consolarli: e convertì pure al Cristianesimo parecchi mussulmani. Avendo saputo questo, il governatore ne concepì tanto sdegno che, trasportato dall'ira, condannò il Santo ad essere impalato. S'interposero però quelli che erano interessati al commercio degli schiavi ed ottennero che gli fosse cambiata la pena con una lunga ed aspra flagellazione. Ciononostante Raimondo continuò a operare delle conversioni. Questa volta però il governatore non solo lo fece battere e frustare, ma lo fece condurre per le vie della città carico di catene, poi chiamò un carnefice che gli trapassò le labbra e gliele chiuse con un lucchetto, dandone la chiave in consegna al giudice. Così Raimondo fu ridotto al silenzio e poteva aprir bocca soltanto nelle ore di refezione. Stette così in prigione otto lunghi mesi, finchè S. Pietro Nolasco ebbe mandato il denaro per il riscatto. Il Pontefice Gregorio IX, per onorare questo confessore di Cristo, lo creò cardinale. Ritornato a Barcellona nel suo convento, volle vivere da semplice religioso, fino al giorno in cui lasciò questa terra per volare a ricevere il premio, il 31 agosto 1240. Fonte: Martirologio Romano.