Uno dei giorni più animati di Alghero era Mitjagost e l’appuntamento più atteso erano los focs artificials. Per lo babbu era un appuntamento irrinunciabile, e sin dalle prime ore del mattino ci preparava all’avvenimento, a me e a ma germàna. La mattinata passava con mia mamma impegnata ai fornelli, perché il giorno di festa andava onorato anche attraverso il cibo. En casa mia s’apreveniva lo pollastre al forn e poma de terra, que no era cosa de cada dia. Non era esattamente la llagosta ma per a me una festa senza pollastre no era una festa!
Al carrer qualche amichetto vantava le aragoste comprate dal padre per l’occasione, sol percosa no avia mai vist pollastre al forn, la cosa mès bona del món. Per non parlare dei raviolos que feva la mamma, ne mangiavi due a ma la banya e ta passava la fam per tot lo dia. Noi come primo abbiamo la pasta al forno. E cosa ès? Mi che al forno ci metti il pollastre non la pasta! Aquest minjò ma parèixeva un poc mentider! E voi la síndria ce l’avete? Cosa hai detto? La síndria, che è verde fuori e rossa dentro! Ahhh, l’anguria! Noooo, no l’anguila la síndria. In italiano si dice anguria, si che ce l’abbiamo, fresca fresca dal frigorifero. Cazzu ès? Mio padre la prende fresca fresca dalla piqueta! Tonioooo, Tonioooo, munta que tenim de mangiar. Ma voi pranzate così presto? Presto? Ma se è mezzogiorno! Noi non pranziamo mai prima delle due. Solo dopo seppi che quello è l’orario del pranzo de los senyors, ma sol percosa s’aixecan mès tard, no tenen la pressa de qui tè de buscar la jornada. C’eravamo talmente abituati a mangiare a mezzogiorno che la fam picava sempre a la mateixa ora! Impossibile resistere!
Verso le quattro del pomeriggio iniziava il rito che ci avrebbe condotto a passeggio. Vesti los minjons, perché anche noi dovevamo essere vestiti di tutto punto, l’orgoglio dei nostri genitori. Jò teniva les botas blancas del diumenge, los calzons del diumenge e tambè la camiseta.
Ma il pezzo forte era la pettinatura, affidata alle mani esperte di mio babbo. Jò teniva sempre los cabels curts e non andava tanto bene fare la migré, cioè la riga. Lo babbu ma posava primè la brillantina, una balla, i capelli rimanevano ritti come les espinas del bogamarì. Quindi passava all’escopina, una escopinada a una mà e una all’altra, poi appiccicava tutto sulla mia migrè, veniva una riga perfetta e profumata di tabacco. In tempi moderni c’è il tanto per tan treura la tutela a vida! All’epoca l’escopina sostituiva le lacche e le schiume moderne! Quanto potesse funzionare lo lascio alla vostra immaginazione, parèixeva llenguit de la gata!
Una volta pronti si usciva di casa, ovviamente a piedi, e si poteva scegliere la direzione de la passejada o quella dels jardìns. Io preferivo i giardini pubblici, perché c’era una grande vasca con i pesci rossi. C’erano tante rondini, a centinaia, forse migliaia, e guarda caso tac, han cagat la camisa del babbu, blanca con la neu. Los morts de qui ta creat, pardal de malaura!
Quindi di nuovo a casa, che mio padre si doveva cambiare la camicia. Scesi per la seconda volta in strada dev’essere che quella rondine non l’ha presa bene e tac, un’altra cagada! Que ta dabaixi un raju, pardal maleit! Le camicie della festa però erano finite, per cui essendo interessata la parta bassa della manica pensò bene di usare anche in questo caso l’escopina, che tra i vari requisiti ha quello della versatilità: ora lacca dopo detersivo! Quindi girò le maniche e nascose la macchia. Si poteva continuare, ovviamente -e con mio enorme dispiacere- direzione passeggiata, percosa lo babbu era un maniaco de los focs de mitjagost! E non era il solo. Voleva assistere a tutto, dall’arrivo dei pezzi all’allestimento, sino allo scoppio finale. All’epoca i fuochi non erano al Porto ma alla passeggiata, a pochi passi da Cecchini, ed era interessata anche la Torre di Sulis. Eran apena les sis e los focs eran a les deu! Sa anava de la Torre dels cutxos al Fuego, del Fuego a la Torre dels cutxius, no una vegada, no dues, no tres, un casì de vegadas! Io speravo sempre in una piccola inversione verso i giardini, ma lo dia de mitjagost no, un cazzu, niente pesci rossi.
Col trascorrere delle ore la passeggiata cominciava ad affollarsi, anche se niente paragonato ai giorni d’oggi. Il punto d’incontro era Piazza Sulis e il Grand Hotel e si prendeva posto in piedi già prima delle nove. Qualcuno ricordava l’ultima edizione, quella dell’anno precedente, percosa los focs artificials sa fevan cada an, e sol a mitjagost. Tanto che ad Alghero si chiamano anche fuochi di Ferragosto. Lo vent na tirat ù al boneto de xiù Cristofuru, l’ha foradat, raccontava uno. E aquel che anava a zigo zago a mitj de la gent? Que por! In effetti i fuochi scoppiavano molto vicino agli spettatori, talvolta esattamente sopra le teste, creando non poco sconpiglio e pericolo. Alle dieci in punto un forte boato e una luce intensissima illumina la Piazza. I presenti esprimono la loro meraviglia con varie esclamazioni e gesti. L’adrenalina sale, gli sguardi sono tutti in cielo e mon pare escomença a veura lo polp, lo serpent, la medusa… Aquest ès nou: lo clavell! Botti e luci animavano la fantasia degli astanti e sulle nostre teste di volta in volta si alternavano fiori o animali. Il pezzo forte era la cascada, los focs che dabaixavan de en alt de la Torre de Sulis. Cada an sa brujava la planta de edera que muntava la paret ma per fortuna certi ambientalisti ancora non erano nati. Per quanto riguarda i cani e i gatti, essendo per lo più randagi, sapevano come difendersi e calqui ù lo trobavan perdut tambè al Càntar. Tre botti finali segnavano la fine dello spettacolo, quindi seguiva uno scrosciante appaluso. Aquella nit les botegas de gelatos fevan tard, e come premio per tanta pazienza e per dare un lieto fine a la festa de mitjagost, compravamo ben quattro gelati, uno a testa. Lo meu de tjcolate! Li hai visti i fuochi d’artificio?, chiesi l’indomani al mio amichetto, tanto ero convinto di aver assistito a qualcosa di straordinario. Si, dal motoscafo di mio babbo, bellissimi! A na quel mamento è pensat que una saeta già podiva fè anar a fondo el e tota la combricola. E il gelato l’hai mangiato? No. E che festa è se a mitjagost non ti fai comprare il gelato? Siete proprio poveracci! Come mi sentivo bene, Dio mio come mi sentivo bene.