Il Comitato e le Associazioni per la difesa di Punta Giglio prendono atto del provvedimento di archiviazione con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sassari ha ritenuto insufficienti gli indizi per un’istruttoria penale sulla concessione a un soggetto privato della batteria antinavale di Punta Giglio, in particolare per la fattispecie della turbativa d’asta, e - fatti salvi, di fronte a elementi nuovi, ulteriori accertamenti, non preclusi dall’archiviazione – sottolineano che l’esposto riguardava solo alcune delle tante “forzature” e questioni ancora aperte che caratterizzano le modalità d’uso dell’ex casermetta con le attività di albergo, bar e ristorante, oggettivamente incompatibili con gli standard di pressione antropica indispensabili per la salvaguardia degli habitat e delle specie protette che concorrono a caratterizzare l’ecosistema del promontorio di Punta Giglio, pregiato esempio della biodiversità mediterranea, incluso non a caso nella rete Natura 2000 dell’Unione Europea.
È proprio la realizzazione dal nulla di un’attività alberghiera e di ristorazione stabile (con turni diurni e notturni da 80 coperti), associata a una ben studiata offerta di ulteriori servizi, a generare sul sito un inaccettabile impatto antropico e una frequentazione turistica, diurna e notturna, fuori controllo. Frequentazione facilitata anche dallo spianamento dell’antica sterrata (quasi 4 km) di accesso al sito (con sottostante realizzazione di un lungo collegamento idrico/fognario) che sarà oggetto di continuo transito di mezzi di servizio.
L’elevata e continua presenza umana, su un sito da sempre frequentato solo saltuariamente e solo in ore diurne, costituisce una vera e propria “bomba ecologica” che incombe, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, sulla presenza e sulla riproduzione di varie specie protette di avifauna marina che da sempre nidificano proprio sulle falesie di Punta Giglio.
Ma gli effetti negativi dell’eccessiva presenza umana, collegata con l’attività alberghiera e di ristorazione, si ripercuotono, non solo sull’avifauna marina, ma su tutti gli habitat naturali e le specie presenti nel promontorio, come ben evidenziato, circa un anno fa, da una severa nota dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
È evidente che sono gli stessi habitat e specie floro-faunistiche che il Parco di Porto Conte, al cui interno ricade Punta Giglio, ha la missione e il dovere di tutelare.
Il Comitato e le Associazioni per la difesa di Punta Giglio continueranno perciò a riproporre, anche in ogni sede istituzionale, tutte le fondamentali questioni irrisolte:
Cosa ci fa all’interno, non solo di un Parco, ma di una ristretta e delicatissima zona destinata alla conservazione naturalistica, una struttura ricettiva extra alberghiera mascherata da “casa per ferie”?
Cosa ci fanno, nella stessa area riservata, non il frugale “posto di ristoro” prospettato dal progetto originario del bando “Cammini e percorsi” in appoggio ai visitatori dell’inconsistente “museo a cielo aperto”, ma un bar e un ristorante non autorizzabili da una pubblica amministrazione, ancor meno con la formula del silenzio-assenso, ammessa provvisoriamente in una zona urbanizzata, ma non in un’area protetta sottoposta per legge a quei vincoli rigorosi, che il Comune e il Parco sarebbero tenuti a far rispettare?
Perché la bigliettazione, e addirittura il controllo per l’accesso a tutta l’area di Punta Giglio, sono stati affidati con un discutibile “Protocollo di Intesa”, dalla dirigenza del Parco ai titolari della concessione demaniale? E perché al contrario, in cambio, la dirigenza del Parco ha stabilito di devolvere loro addirittura l'80% del ricavato della vendita dei biglietti?
Perché si tollera che il Parco (che è un Parco Regionale anche se l’Assemblea è municipale) possa blandire la comunità algherese e possa tentare di acquisirne l’acquiescenza riservando ai residenti nel Comune la totale esenzione da qualunque biglietto e discriminando invece gli altri cittadini, sardi e italiani?
Perché la dirigenza dell’Azienda Parco, ancora priva a vent’anni dalla fondazione del Piano del Parco, del Comitato scientifico e della Consulta del Parco, può impunemente progettare e dar corso a piani distruttivi e di svendita delle risorse del territorio, come quello per la “messa in sicurezza” della falesia di Punta Giglio (con la bonifica della stessa dalle “piante infestanti”!) in funzione del progetto di attracco a boe per imbarcazioni ai piedi del costone nel cuore dell’Area Marina Protetta?
Perché per un corretto approccio alle aree ZPS e ZSC di Capo Caccia e Punta Giglio non si adotta una moratoria per ogni ulteriore intervento in attesa del completamento dell’iter di approvazione del Piano del Parco?
Il Comitato Punta Giglio Libera e le Associazioni per la difesa di Punta Giglio, Italia Nostra Sardegna, LIPU, Legambiente Alghero, Siamo Tuttimportanti Sassari, Liberu, Sardenya i Llibertat, Sardegna Possibile, Earth Gardeners, Comitato Parco Agronaturalistico della Nurra e del Nord-Ovest Sardegna, Movimento5Stelle e Sinistra Italiana Alghero.