Tredici mesi di complesse indagini coordinate dal Dott. Giovanni
Porcheddu, Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il
Tribunale Ordinario di Sassari, affidate ai Comandanti della Sezione
Operativa Navale Guardia di Finanza Alghero e dell’Ufficio
Circondariale Marittimo - Guardia Costiera Alghero, hanno portato alla
luce una vera e propria associazione a delinquere avente come finalità
quella di prelevare, trasformare e commercializzare illegalmente
un’incalcolabile quantità di ricci di mare e della relativa polpa.
L’operazione, strutturata attraverso l’esecuzione di lunghi periodi di
osservazione e appostamenti, grazie anche alla preziosa collaborazione
della Compagnia Guardia di Finanza Alghero, di verifiche ed ispezioni
condotte in mare, ai punti di sbarco, nonché presso i centri di
certificazione e distribuzione del prodotto, ha permesso di accertare
un’articolata rete asservita al traffico illegale di echinoidei
causando, nel tempo, un rilevante danno alla risorsa ittica che,
soprattutto negli ultimi anni, è al centro di accesi dibattiti tra i
diversi operatori del settore e le Autorità locali.
Si calcola che,
per ogni stagione, il mercato nero dei ricci di mare, esteso a livello
nazionale, può aver prodotto un giro d’affari di diverse centinaia di
migliaia di euro.
In un solo mese di attività investigativa, per
esempio, peraltro un periodo in cui notoriamente la resa dei ricci è
minima, un pescatore professionale aveva la capacità di
commercializzare oltre 270 Kg. di polpa (circa 75.000 ricci), per un
ricavo che si aggirava intorno ai 40.000 euro.
Nel mese di maggio
2019, secondo le indagini degli investigatori, sono stati lavorati
illegalmente circa 600 Kg. di polpa (circa 200.000 ricci), che hanno
fruttato ingenti guadagni e procurato danni incalcolabili
all’ecosistema marino.
Nella rete degli uomini delle Fiamme Gialle e
della Guardia Costiera sono finiti sei pescatori professionali ed
altrettanti abusivi della zona algherese, oltre ai titolari di sei
ristoranti della città del corallo nonché molteplici acquirenti
provenienti anche da fuori Regione.
Durante le indagini è stato
accertato che due Centri di certificazione e spedizione, autorizzati e
riconosciuti dal Dipartimento di Prevenzione della ASL e dal Servizio
Prevenzione dell’Assessorato Regionale Igiene e Sanità e
dall’Assistenza Sociale della Regione , rilasciavano l’etichettatura
comunitaria, per certificare la tracciabilità e l’idoneità al consumo
umano di ricci di mare e polpa di riccio, senza ricevere i prodotti
per i controlli previsti (rifinitura, lavaggio, pulitura, calibratura,
trasformazione, confezionamento ed imballaggio).
La condotta era
ancora più grave quando lo stesso Centro certificava, come legalmente
prodotta presso il proprio stabilimento, la polpa di riccio che, nella
gran parte dei casi, era invece ricavata da lavorazioni effettuate
presso le abitazioni private o presso i casolari in aperta campagna,
ovviamente con procedure non conformi alle più elementari norme
igienico sanitarie.
Per rilasciare le certificazioni i Centri preposti
ricevevano in cambio, previ accordi con la parte, un compenso pattuito
per ogni cesta di 500 esemplari di riccio.
Insomma, una vera e propria
associazione a delinquere. Solo per fare un esempio, in un arco
temporale di circa 30 giorni, nel corso del quale i militari hanno
ascoltato ore di intercettazioni e registrato video ed audio
provenienti da uno dei due Centri di spedizione, non è transitato al
suo interno nessun esemplare di riccio di mare, a fronte invece della
cospicua quantità di prodotto destinato alla vendita, ad acquirenti
consapevoli e non, con etichette riportanti informazioni diverse da
quelle reali.
Gli investigatori sono riusciti ad accertare che il
disonesto modus operandi coinvolgeva sistematicamente anche diversi
ristoranti locali che utilizzavano all’interno delle proprie cucine la
polpa di riccio lavorata da soggetti non autorizzati e, come scoperto,
certificata solo fittiziamente dallo stabilimento, contrariamente a
quanto dichiarato nei documenti fiscali, nei quali veniva dichiarato
l’acquisto degli esemplari integri.
Nel corso delle indagini sono
stati anche intercettati e sequestrati oltre 70 kg. di polpa di riccio
prodotta indebitamente e in dubbie condizioni igenico sanitarie.
Tale
intervento, fortunatamente, ne ha evitato la somministrazione al
consumatore finale ignaro del fatto che, come accertato
successivamente dai medici specialisti dell’A.T.S. di Sassari, il
prodotto non era idoneo per il consumo umano.
Dalle oltre duecento
pagine del fascicolo depositato dalla Guardia di Finanza e dal Comando
marittimo algheresi, riassunto in più di cinquemila documenti
analizzati, nonché dalle fonti di prova acquisite a seguito delle
numerose perquisizioni personali e locali, l’Autorità Giudiziaria ha
tratto elementi essenziali tali da concludere le indagini nei
confronti dei 25 soggetti indagati a vario titolo perché, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi,
in concorso fra loro e previo accordo, si sono associati allo scopo di
commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione e di frode
nell’esercizio del commercio.
Sei i ristoranti coinvolti nella vicenda
e ritenuti responsabili, anche amministrativamente, per aver omesso di
attuare una corretta gestione dell’attività nonché di prevenire le
anzidette forme di reato alimentare traendo, dalla condotta delittuosa
dei titolari, un ingiusto profitto per il solo fine legato al
risparmio economico derivante dalla mancata esecuzione delle onerose
operazioni di trasformazione del prodotto, previste dalle normativa
vigente.
La condotta criminosa ha oggettivamente alterato negli anni
gli equilibri del mercato a discapito di tutta filiera della pesca del
riccio di mare.