La pesca, e in particolare la piccola pesca, è tra le attività che
non sono state chiuse dai decreti della presidenza del Consiglio per
contrastare il diffondersi dell'epidemia di coronavirus.
I pescatori potevano uscire in mare, calare reti e palamiti, nessuna
barca tirata a terra.
Ma ciò non significa che il settore ha lavorato, ha potuto recupere risorse per mandare avanti l'azienda e le
famiglie: i tradizionali riferimenti del consumo dei prodotti ittici,
la ristorazione e il comparto ricettivo alberghiero, hanno abbassato
le serrande per le disposizioni governative. Tutto chiuso.
Inutile pescare quindi se non sai a chi vendere il prodotto.
Una
condizione che di fatto ha escluso l'intera categoria dai benefici di
supporto previsti dallo Stato che ha disposto le chiusure per
l'emergenza sanitaria.
Il personale imbarcato è stato sottoposto alla procedura della cassa
integrazione in deroga ma nessuno ha ricevuto un euro. Da tre mesi non
hanno alcuna fonte di sostentamento.
"Siamo stati letteralmente abbandonati, e non è la prima volta, ma
ora la situazione è decisamente pesante".
Il commento è di Giovanni Delrio, storico rappresentante della
marineria algherese, a lungo dirigente della categoria del Nord
Sardegna, battagliero protagonista di tante vertenze con le
istituzioni regionali e nazionali e ancora non rassegnato a subire
passivamente pur avendo passato la mano nell'attività sindacale a
colleghi più giovani dotati, forse, di maggiore entusiasmo e voglia di
combattere.
"Anche in questa vicenda dell'epidemia - aggiunge - dalla politica
abbiamo fatto il pieno di promesse, rassicurazioni, impegni solenni,
parole, "bombolles ".
Le nostre attività sono ridotte in misura
consistente dall'autunno dello scorso anno, superata la durissima
stagione invernale, con la riapertura della pesca all'aragosta, (dal
1° di marzo ) tutti speravano di contare su una ripresa del lavoro.
Ma
è arrivata la pandemia. Immaginate in che condizioni si trovano
centinaia di pescatori ".
E le prospettive fanno ancora più paura.
"Il nostro tradizionale riferimento è il mondo del turismo e della
ristorazione - prosegue Delrio - ma abbiamo già conferme che molti non
apriranno a breve , la stagione comincerà almeno con tre mesi di
ritardo, dovremo tornare al " porta a porta " per vendere il nostro
pescato, andiamo indietro di svariati decenni".
Con una soddisfazione non proprio convinta, il pescatore con la
filosofia tipica della gente di mare, guarda al bicchiere e lo vede
mezzo pieno.
" Questa sosta forzata ha indubbiamente favorito il
ripopolamento delle specie ittiche, a cominciare dai ricci di mare,
ed è anche per questa ragione che sarebbe auspicabile una
rivisitazione del fermo biologico in particolare per il prodotto
principe dei mari di Alghero: l'aragosta ".
Secondo la normativa vigente la pesca alla regina della tavola è
consentita dal 1° marzo fino al 30 di agosto.
La marineria ha sempre
giudicato questo periodo temporale un errore: si apre troppo presto e
si chiude quando la domanda del prodotto è ancora forte".
In una
situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo - sostiene
Giovanni Delrio - con la stagione che comincia con 3 mesi di ritardo,
il buon senso vorrebbe che la chiusura venisse rinviata almeno fino a
tutto settembre. Sempre che la stagione turistica riparta anche se
tutte le indicazioni in nostro possesso riferiscono di prospettive
contrastate e nessuna certezza".
Quando tornerà in mare.
"Entro la prossima settimana - risponde - ho passato gli ultimi tre
mesi e rinnovare le attrezzature di pesca."
E si illumina il viso del
vecchio pescatore, si torna "a cas ", alle sferzate del maestrale,
della salsedine, con i gabbiani in scia alla barca, con quella
solitudine che alla gente di mare fa tanta compagnia.