"Fra le misure di contrasto alla drammatica pandemia di coronavirus
COVID 19 ci sono le mascherine, a uso individuale. Qui non ci sono
mascherine a fin di bene." Comincia con un ricorso all'ironia il
Gruppo di Intervento Giuridico di Cagliari in una nota a firma di
Stefano Deliperi con un intervento sulla complessa vicenda della fauna
selvatica e delle misure adottate per il contenimento.
"La legge regionale Sardegna 27 febbraio 2020, n. 5 - ricorda il GriG
- ha, invece, introdotto un fenomeno di mascheramento collettivo: la
presenza di cacciatori comuni nell’esecuzione dei piani di
abbattimento ai danni di specie di fauna selvatica (es. Cornacchia
grigia, Cinghiale, Daino).
L’art. 1 della legge regionale, infatti, consente l’attuazione dei
piani di abbattimento approvati nei casi accertati di squilibri
ecologici (spesso e volentieri tutti da dimostrare…) a “proprietari o
conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o … loro
delegati, espressamente individuati a tal fine. Tutti i soggetti che
svolgono l'attività di abbattimento, oltre a essere muniti della
licenza di porto di fucile per uso caccia e dell'autorizzazione per
l'esercizio venatorio”.
I soggetti “delegati” dai proprietari/conduttori dei fondi agricoli
“muniti della licenza di porto di fucile per uso caccia e
dell'autorizzazione per l'esercizio venatorio” non sono altro che
cacciatori comuni, in palese contrasto con l’art. 19 della legge n.
157/1992 e successive modifiche e integrazioni, che limita
l’attuazione dei piani di contenimento faunistici alle “guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali” che potranno
avvalersi “dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano
i piani medesimi, purchè muniti di licenza per l'esercizio venatorio,
nonchè delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di
licenza per l'esercizio venatorio” (comma 2°).
I cacciatori comuni non sono previsti, proprio perché tali piani non
devono e non possono costituire un surrogato della caccia.
Anche su segnalazione della Lega per l’Abolizione della Caccia
(L.A.C.) e di altre associazioni ambientaliste, il Governo nazionale
ha deciso, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 24 aprile 2020,
di impugnare per conflitto di attribuzione (art. 127 cost.) la
disposizione regionale davanti alla Corte costituzionale in quanto
lesiva della competenza statale primaria in materia di tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, comma 2°, lettera s,
cost.).
La giurisprudenza costituzionale è costante e chiarissima: “è da
considerare tassativo l’elenco contenuto nell’art. 19, comma 2, della
legge n. 157 del 1992 con riguardo alle persone abilitate all’attività
di realizzazione dei piani di abbattimento della fauna selvatica: una
sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello
minimo e uniforme di tutela dell’ambiente imposto dalla citata norma
statale”, perché tale attività “non attiene alla caccia, materia
ascritta alla competenza residuale delle regioni. Disciplina,
piuttosto, un’attività, l’abbattimento di fauna nociva, che è svolta
non per fini venatori, ma per tutelare l’ecosistema, com’è confermato
dal fatto che è presa in considerazione dalla norma statale solo come
extrema ratio, dopo che i metodi ecologici non sono risultati
efficaci” (vds. Corte cost. n. 44/2019; Corte cost. n. 217/2018; Corte
cost. n. 174/2017; Corte cost. n. 139/2017).
Niente da fare, il desiderio di compiacere categorie portatrici di
meri interessi particolari sta portando la Regione autonoma della
Sardegna ad adottare normative palesemente illegittime –
dall’occupazione permanente delle spiagge con chioschi e stabilimenti
balneari alla caccia mascherata con piani di abbattimento faunistici -
che puntualmente stanno finendo davanti al giudizio della Corte
costituzionale con un esito piuttosto prevedibile.