Chi ha vinto la “guerra dei menhir”? Forse nessuno tra i contendenti.
Ma di sicuro, al momento a perdere sembra essere stato il fondamento
del metodo scientifico. Almeno secondo quanto è emerso dalla relazione
presentata da Aristeo e SAT durante terza edizione di “Divulgare la
scienza”, che si è svolta nei giorni scorsi a Sassari nella Sala
convegni della Fondazione di Sardegna.
La bomba mediatica esplosa nelle scorse settimane tra Sergio Frau e
Maria Ausilia Fadda, accusata dal giornalista di aver riposizionato
nel 1994 (in fila indiana) in maniera arbitraria i menhir sul sito di
Biru ’e Concas, a Sorgono, è stata vagliata ai raggi x dall’archeologa
Simonetta Castia di Aristeo e da Michele Forteleoni della Società
Astronomica Turritana, attraverso un lavoro accurato svolto in
sinergia.
È in realtà noto da tempo alle comunità di studiosi e appassionati che
l’attuale posizionamento dei megaliti sia artefatto, come riportato
anche in recenti pubblicazioni.
Il problema è stato forse aggravato
dal mancato chiarimento riguardo agli allineamenti, soprattutto dopo
la massiccia pubblicizzazione del sito da parte dei media nazionali,
in termini sensazionalistici.
Riguardo a Frau, promotore dell’”operazione Obelix” di NurNeon (che
parrebbe patrocinata e sostenuta economicamente dalla Regione
Sardegna, prima in graduatoria nel bando Culture Lab), ha senz’altro
infastidito il disprezzo verso il mondo dell’archeologia sarda, fatto
sì di accademici e addetti ai lavori, ma anche, indubbiamente, di
tantissimi giovani laureati specializzati in un settore che richiede
conoscenze specifiche, metodo e la padronanza della materia; un intero
mondo che viene sistematicamente snobbato e sminuito quando si tratta
di promuovere, senza contradditorio, le proprie tesi, non suffragate
da dati e prove scientifiche, se non generici richiami a foto d’epoca
o a rilevamenti non georeferenziati, e comunque in possesso di pochi
fortunati.
Come e più ai tempi della affascinante teoria di Atlantide
colpisce l’esigenza di circondarsi, in modo pure efficace, di esperti
nazionali chiamati a legittimare ricostruzioni su materie loro oscure,
come l’archeologia sarda, per il malcelato tentativo di ostentare
l’incapacità dei sardi nell’analizzare e comunicare il proprio
passato.
E se è vero che il fondamento della scienza è quello di riconoscere i
propri errori per consentire alla conoscenza di progredire, la forte
replica degli addetti ai lavori rischia di gettare ombre sul valore
dell’archeoastronomia, disciplina ormai ampiamente riconosciuta nel
panorama nazionale. Al netto delle stravaganze sensazionalistiche – è
stato detto – da aborrire sempre e comunque, sia nell’ambito
dell’archeologia (quando si parla di giganti in modo improprio, ad
esempio) che delle sue discipline ausiliarie.
Nella speranza che sulla
scia di questa polemica non si creino altrettanto superficiali e poco
opportune contrapposizioni tra mondi molto più affini di quanto alcuni
continuino a pensare, dicono gli organizzatori.
Di un nuovo modello di cittadinanza scientifica ha parlato Alberto
Cora, dell’Inaf di Torino, per il quale l’astronomia rappresenta un
esempio storico notevole, a partire dalla nascita dei planetari. Da
posizioni unidirezionali in cui lo scienziato era protagonista, si è
passati a un coinvolgimento attivo del pubblico, con dei risvolti
positivi anche per il cambiamento della società.
La visione del cielo ha restituito la consapevolezza dell’esistenza di
pianeti simili alla Terra. Come ha spiegato Emilio Molinari,
dell’Osservatorio astronomico di Cagliari Inaf, per individuare
l’esistenza di questi corpi celesti sono utilizzati due metodi
indiretti: la velocità radiale, dalla quale si ottiene la massa e il
metodo del transito, che ci restituisce il volume. Occorre
cocciutaggine e pazienza, ma negli ultimi anni sono stati scoperti
3073 pianeti.
Il pensiero dell’autore classico Lucrezio, incredibile anticipatore
delle teorie atomiche è stato approfondito da Gian Nicola Cabizza
(AIF), che ne ha mostrato l’influenza sulla cultura di Roma e sul
pensiero di Tommaso Moro, Giordano Bruno e Shakespeare, e perfino sui
risvolti artistici di Botticelli e Raffaello, nonostante il suo “De
rerum natura” appena riscoperto, fosse stato subito messo al bando,
avversato dalla chiesa in quanto seguace di Epicuro.
Con l’archivista Stefano Alberto Tedde si è andati oltre il “digital
divide”, illustrando l’accesso alle tecnologie dell’informazione
nell’esperienza di un gruppo di detenuti per il recupero dell’Archivio
dell’ex colonia di Tramariglio.
Un’esperienza positiva che ha permesso
ai partecipanti di comprendere il vero valore dei documenti
considerati fino ad allora poco più che scartoffie.
Simonetta Castia e Stefania Bagella hanno proposto, come ipotesi di
lavoro, la creazione di un “Itinerario dei luoghi di Enrico Costa”,
una sorta di museo diffuso per la città di Sassari, che sia preludio a
un’esposizione museale vera e propria. In un perfetto abbinamento tra
testi e immagini storiche, sono stati tratteggiati gli ipotetici
luoghi della vita, della poetica e degli altri poliedrici aspetti
culturali, alla riscoperta di Sassari, attraverso lo sguardo di questo
straordinario intellettuale.
La divulgazione scientifica non poteva trascurare la tv. A parlarne è
stata Simona Scioni, autrice delle trasmissioni “Focus di storia
sarda” e “Dialoghi della memoria” sull’emittente regionale Sardegna
Uno.
In un quadro di saturazione in cui l’iperconnessione ci spinge a
interessarci solo di ciò che ci piace, tra le sfide principali
elencate dalla giornalista vi sono l’utilizzo di un linguaggio in
grado di sedurre, e in seconda istanza il recupero dell’intelligenza
emotiva per suscitare curiosità.
Pier Andrea Serra dell’Università degli studi di Sassari ha introdotto
alla visione di un nanomondo più piccolo dei batteri, fatto di
nano-biosensori e nanotecnologie che sono già realtà. Dalle
nanoparticelle che acchiappano il colesterolo ai nanorobot copiati dai
virus, non si tratta più di fantascienza. Ma ci sono dei limiti. Non
si può miniaturizzare all’infinito, almeno con la tecnologia attuale
che utilizza raggi luminosi. Il limite estremo della miniaturizzazione
sta nella lunghezza massima degli elettroni, oltre la quale le
particelle diventano onde.