Banari è nella storia. Il piccolo paese della provincia di Sassari,
nel Nord Sardegna, ricorderà a lungo questa data: 4 agosto 2018.
Stasera la centralissima piazza San Giacomo è stata teatro di “Il
ritratto di gruppo più grande del mondo”. È la fotografia più grande
mai dedicata a una comunità locale. Nessuno aveva mai messo insieme
tutti gli abitanti di un paese per uno scatto del genere. Grazie al
click del fotografo Marco Ceraglia, Banari aspira a entrare nel libro
dei record: la documentazione passerà al vaglio del Guinnes dei
primati. Ma al di là di quella certificazione, il paese da oggi sarà
ricordato per un primato originale: i suoi abitanti, praticamente
tutti, oggi hanno partecipato allo scatto di portata storica.
E i residenti che non hanno potuto prendere parte all’evento sono
stati compensati dai tantissimi banaresi che vivono in altre parti
dell’isola, o oltre Tirreno, se non addirittura in terre lontane. Come
Aurelio Piu, 78 anni, da 52 emigrato a Greenwich, nel Connecticut,
Stati Uniti d’America, che non ha voluto mancare l’appuntamento con la
storia. Vestito di tutto punto, commosso, ha baciato la pavimentazione
della piazza, ha preso il suo numero e si è diligentemente messo in
posa nella tribuna in cui – tra amministratori, autorità civili e
religiose, attori culturali, sociali, economici e sociali – alla fine
erano in 570. In primissima fila Diego Cordedda, 96 anni, il più
anziano dei figuranti, in possa tra la moglie Gerolama Pais, 89 anni,
e la figlia, Michelina Cordedda.
Per allestire il set di piazza San Giacomo, è stata realizzata
un’arena leggermente curva, 27 metri di lunghezza per 6 metri di
profondità, sviluppata in altezza grazie alla realizzazione di 10
gradoni.
La postazione fotografica è stata allestita su un piano
rialzato a circa 3 metri da terra, sul terrazzino di una casa privata,
contenente due apparati principali di ripresa: un apparecchio
analogico a banco ottico Sinar, che ha lavroato con delle lastre per
il negativo a colori di formato 4x5”, e un apparato digitale che ha il
suo cuore nella prestigiosa Hasselblad H6D 100, portata a Banari e
gestita dallo sponsor tecnico della manifestazione. Si tratta di
Giuseppe Friuli, responsabile di DGtales, importatore italiano di
questo tipo di apparecchi, un dorso digitale di medio formato, appena
uscito sul mercato della casa più blasonata al mondo. Gli addetti
hanno accolto i partecipanti e li hanno guidati alla loro postazione
dopo averli registrati e numerati.
Questa giornata non sarà ricordata solo a Banari, ovviamente. Guinnes
a parte, la priorità di Ceraglia, della portentosa organizzazione che
ha lavorato per sette mesi a questo progetto, dell’amministrazione
comunale e dei partner pubblici e privati che hanno aderito con
entusiasmo al progetto, è un’altra. “Il ritratto di gruppo più grande
del mondo” è stata una performance collettiva attraverso cui Banari,
il territorio, la Sardegna – ma idealmente tutte le piccole comunità
locali d’Italia e del mondo che affrontano lo stesso problema –
reagiscono creativamente, grazie all’arte, al problema dello
spopolamento.
A ispirare il progetto è proprio la constatazione dei flussi migratori
che interessano tantissimi Comuni sardi. Spesso sono centri piccoli di
aree poco antropizzate, ma sempre più spesso tocca anche a centri più
grandi, che sembravano al riparo dal fenomeno. Oggi le sue proporzioni
sono tali da far finire la questione nell’agenda politica. Si discute,
si pensano soluzioni. Il progetto di Banari lancia l’allarme e offre
un esperimento artistico-sociale per ricreare senso di comunità,
spingere verso una rivendicazione corale, un orgoglio istintivo, un
rigenerato senso di appartenenza, in antitesi con i fattori che
inducono o costringono la gente ad andarsene.
A salutare l’evento erano in tantissimi. Dal presidente del consiglio
regionale, Gianfranco Ganau, al presidente dell’Anci, Emiliano Deiana.
E ancora tanti volti noti della vita politica e culturale dell’isola,
da sempre impegnati in prima fila nella lotta allo spopolamento delle
comunità sarde, a iniziare da quelle più piccole e da quelle
dell’interno, come l’ispiratore della campagna di sensibilizzazione
Freemmos, Leonardo Marras.
Marco Ceraglia e OrdinariMai, l’associazione culturale di cui è
presidente e anima, hanno lavorato sodo per motivare tutti i banaresi.
Hanno bussato a tutte le porte, hanno raccontato l’idea, hanno
contribuito a ricreare quello spirito appartenenza che è alla base
dell’iniziativa e che è scritta a chiare lettere nello sloga “Banari
Comunità Unita”. Nelle piazze e negli slarghi del piccolo centro, ma
anche nelle case dei banaresi, il conto alla rovescia è durato a
lungo, tra iniziative, promozione in occasione di sagre e altri eventi
e un piccolo block notes con il countdown che campeggiava in tutte le
case e in tutte le piazze del paese. E stasera gli abitanti e i
banaresi tornati in famiglia per l’estate si sono consegnati
volentieri alla storia grazie alla gigantesca fotografia di gruppo.
I piccoli centri assistono impotenti al calo dei residenti, cui
corrisponde una diminuzione dei servizi. È una spirale: più persone
vanno via, più servizi vengono a mancare e ancora più persone sono
costrette a ad andarsene. A Banari 600 abitanti non si sono ancora
arresi, scelgono di vivere a contatto con le loro radici familiari,
nelle loro case. La foto di oggi servirà per gridare con forza e
originalità che la loro è una comunità vera. Grandi, vecchi, anziani,
lavoratori, studenti, ragazzi, bambini, emigrati, fuori sede, infermi
e volontari che li assistono: nessuno ha voluto mancare
l’appuntamento.
Ai banaresi resterà la foto ricordo personalizzata, che sarà
realizzata dopo lo scatto di gruppo. Resterà anche la consapevolezza
di aver partecipato a un’iniziativa che regalerà a Banari inattesa
popolarità, consentendole di mettere in mostra le sue potenzialità
naturali, culturali e produttive.
Soprattutto, resterà la
soddisfazione di aver partecipato a un evento che potrebbe fare da
esempio grazie ai materiali prodotti, a iniziare dal mega impianto di
venticinque metri di lunghezza per dieci di altezza che sarà
realizzato lungo la 131, all’altezza del bivio per Banari, per esporre
la stampa gigante della foto collettiva. Poi ci sarà la mappatura con
ritratto personalizzato di tutti i partecipanti, e sull’evento saranno
realizzati un docu-film, un libro e una mostra itinerante.
La motivazione ideale ha spinto Marco Ceraglia a rispolverare un’idea
artistica che coltivava da tanto. Fotografo professionista e artista
visuale, base a Sassari, Ceraglia si occupa da anni di progetti di
ricerca sociale, concentrandosi sull’individuo in relazione con la
comunità d’appartenenza. Da un po’ si interessa di spopolamento. Con
Ordinarimai ha deciso che fosse arrivato il momento di tirare fuori
dal cassetto il progetto e usarlo per affrontare il problema.
Al termine dello scatto che consegna Banari alla storia, Ceraglia non
ha trattenuto la commozione mentre ringraziava la comunità per quello
che ha definito «un miracolo di cui i veri autori siete voi, io ho
soltanto lanciato un appello, una provocazione, e questa splendida
gente ha colto l’occasione per mandare un messaggio a tutto il mondo,
in difesa dell’identità e della sopravvivenza delle comunità locali».